“Compensare le emissioni piantando alberi è un palliativo, ci vuole più impegno sulle rinnovabili”, dichiara la Fondazione Finanza Etica all’assemblea degli azionisti del 14 maggio di ENI. FFE, azionista critico all’assemblea del colosso dell’energia, punta il dito sul piano di decarbonizzazione della società: “I 463MW di potenza installata da rinnovabili al 2020 sono saliti a 1,6 GW entro il 2022 e a 5 GW entro il 2025. Di questo non possiamo che essere soddisfatti”, spiega Andrea Baranes, presidente di FFE.

Eni, la più grande impresa italiana – controllata al 30,10% dal Ministero del Tesoro – con interessi che spaziano dal petrolio al gas, dalla chimica all’ingegneria, punta su un piano di compensazione delle emissioni di gas serra con riforestazione di 8,1 milioni di ettari di terreni in Africa, un quarto della superficie del nostro Paese. Ma secondo FFE non basta affatto: “Alle fonti di energia pulita sarà però riservato appena il 4,24% degli investimenti totali nei prossimi quattro anni – continua Baranes –  mentre la produzione di combustibili fossili crescerà del 3,5% l’anno, realizzando 2,5 miliardi di barili di nuove risorse e perforando 140 pozzi esplorativi in tutto il mondo. Non è questo il “piano B” che vorremmo vedere realizzato da Eni per essere in linea con gli obiettivi di riduzione degli impatti climatici”.

Secondo il piano di compensazione delle emissioni di gas serra presentato da ENI, entro il 2030 gli alberi piantati dovrebbero riuscire a compensare tutte le emissioni dirette legate alle attività di esplorazione ed estrazione di petrolio. “Si tratta di una minima parte delle emissioni totali – rincara Baranes – perché non si tiene conto di quelle indirette, generate dall’utilizzo del petrolio e del gas che Eni commercializza, per esempio quelle prodotte dalle automobili o dalle centrali termoelettriche. Piantare alberi è solo un palliativo: da una parte si continua a espandere la produzione di combustibili fossili, come e più di prima, e dall’altra parte si cerca di rimediare, molto parzialmente, ai maggiori danni creati al clima. Ma i danni dovrebbero essere ridotti in partenza riducendo seriamente la produzione di petrolio a favore delle rinnovabili”.

Fondazione Finanza Etica interviene anche a nome della rete europea di investitori istituzionali SfC – Shareholders for Change, di cui è socia fondatrice e vota in accordo con i membri francesi Meeschaert Asset Management e Ecofi Investissement, che detengono circa 100.000 azioni di Eni.

SfC – Shareholders for Change, “Azionisti per il Cambiamento” è una rete di investitori istituzionali europei che, in qualità di azionisti, svolgono attività di dialogo con le imprese al fine di influenzare e sollecitare buone pratiche e comportamenti sostenibili e responsabili nel medio-lungo periodo. Nata a Milano nel dicembre del 2017, su iniziativa del Gruppo Banca Popolare Etica, ha sette soci fondatori e tre soci ordinari che rappresentano un totale di circa 140 miliardi di euro di asset gestiti. I soci fondatori sono: Bank für Kirche und Caritas eG (Germania), Ecofi Investissements, Groupe Crédit Coopératif (Francia), Etica Sgr, Gruppo Banca Etica (Italia), fair-finance Vorsorgekasse (Austria), Fondazione Finanza Etica (Italia), Fundacion Fiare (Spagna) e Meeschaert Asset Management (Francia).

Nel corso del 2019, SfC organizzerà azioni congiunte alle assemblee di Generali, Eni, Enel, Rheinmetall (Germania) ed H&M (Svezia).

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