Si lavora, si corre, ci si affanna, si sta sui social… ma ancora oggi il 72% degli italiani a pranzo mangia a casa. Altro che tramezzino al bar: primo, secondo, contorno, frutta (meno), in un tempo medio di circa mezz’ora per mangiare e di 37 minuti per cucinare (anche se solo il 32,7% degli intervistati ha dichiarato di cucinare a pranzo tutti i giorni, percentuale che sale al 53% per la cena, pasto principale per molti). Un’oretta dedicata al cibo, in mezzo alla giornata. Stupisce, ma fa certamente bene.
Certo, vent’anni fa erano un po di più (nel 1998 il 78%, ossia 3.5 milioni in più) gli italiani che potevano permetterselo, ma la nostra percezione (e i bar, le trattorie, i ristoranti pieni ovunque) era diversa. Si vuole spendere meno per fare la spesa, si mangia meno frutta, un po’ più di verdura, un po’ meno carne rossa (quella bianca resta stabile), ma “i nuovi stili alimentari degli italiani”, così come sono registrati nel Rapporto Ristorazione 2018 della Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi – presentato alla stampa oggi, non sono stati rivoluzionati più di tanto da mode, tecnologie, ritmi affannosi. Siamo sempre buongustai.
Molti italiani, il 44,6% nello specifico, vivono ancora il momento di mettersi a tavola come un’occasione di relax e per riunire la famiglia. All’insegna della famiglia, il 75% degli intervistati dichiara di conoscere ricette o piatti tradizionali che si tramandano di generazione in generazione, in prevalenza da mamme o nonne. Il cibo è relazione anche quando si ha fretta e nessuna voglia di cucinare: nell’ultimo anno, il 30,2% degli italiani ha avuto occasione di ordinare online il pranzo o la cena da piattaforme web, soprattutto giovani e soprattutto al nord e al centro Italia, con a Lombardia in testa. Perché? In cima alla classifica la poca voglia di uscire o cucinare, rispettivamente nel 37,1% e nel 31,5% dei casi; sul podio anche la mancanza di prodotti in casa, nel 35,6% dei casi. I cibi più ordinati nel 2018 sono stati i Poke Bowl, ciotole di pesce crudo che hanno rappresentato la tendenza di consumo più importante nel 2018. Ma anche gli hamburger con patatine, la pizza, il sushi e i ravioli asiatici. Per il nuovo anno si prevedono nuove tendenze: il veg meat, beyond burger, la cucina birmana e filippina, la curcuma e il gomasio, ma anche semi di canapa e poi frutta: nello specifico cocco e dragon fruit. “L’offerta sulle piattaforme di food delivery dimostra che ci sono ampi spazi di inserimento per la ristorazione tradizionale italiana e persino regionale”, dice il rapporto.
Cibo e salute: per gli italiani vanno insieme, dall’uno dipende l’altra. Certo, il cibo è stare insieme, è passione, è creatività, ma abbiamo un meno tempo per cucinare, per mangiare e pure per fare la spesa: il 48,6% degli intervistati dedica da una a due ore a settimana agli acquisti con un tempo medio settimanale di 105 minuti. Nel rapporto si nota un ritorno alla piccola spesa, con il 50,1% degli intervistati che preferisce acquistare il necessario giorno per giorno.
Per quanto riguarda la salute, i dati parlano chiaro: il 97,1% degli intervistati è consapevole del fatto che la nostra salute e il nostro benessere dipendono da ciò che mangiamo. Il 71,8% degli intervistati si informa, durante la scelta del piatto, sulla qualità e la provenienza dei prodotti utilizzati, e più dell’89,1% ritiene che anche i locali siano più attenti a offrire alla clientela piatti salutistici. Però… solo il 53,3% degli intervistati dichiara di consumare verdure e ortaggi quotidianamente, ciò significa che una persona su due continua ad avere un’alimentazione che non prevede quotidianamente una porzione di verdure.
Si nota comunque un trend di crescita rispetto al 2005 in cui il consumo quotidiano di verdura era abitudine solo per il 48,9%. Vanno esattamente nella direzione opposta le abitudini di consumo della frutta: 8 persone su 10 la consumano quotidianamente, ma il trend è in flessione: dal 77,3% del 2005 al 74% del 2018. Sempre più consapevole è anche il consumo di sale che si riflette nella scelta, sempre più popolare, di sale arricchito di iodio. L’attenzione non è aumentata solo tra persone nelle fasce d’età maggiori, ma anche tra giovani e giovanissimi. Ben il 50% della popolazione adulta è in sovrappeso o, addirittura, obesa: il tasso di obesità è dell’11%, pari in valore assoluto a 5,3 milioni di persone ed è cresciuto di oltre il 20% in 10 anni: un dato preoccupante soprattutto perché l’aumento maggiore riguarda i più i giovani.

Alla presentazione del rapporto di FIPE sulle abitudini alimentari degli italiani e sul legame del cibo con la salute, il ministro Giulia Grillo si è scagliata contro sedicenti guru delle diete e contro la disinformazione sul web. In video l’intervista:
Nonostante le tendenze vegetariane e vegane emerse negli ultimi anni, sul consumo di carne gli italiani hanno comportamenti piuttosto netti: il consumo di carne rimane diffuso, ma con una maggiore attenzione a quello delle carni rosse. Dal 2005 al 2018 la quota di persone che consuma carni bianche almeno una volta a settimana si è mantenuta intorno all’80%, mentre quella sul consumo di carne rossa è passato, secondo il rapporto, dal 73% al 59%. Per quanto riguarda invece il pesce: il suo consumo è rimasto abbastanza stabile, anche se nell’ultimo anno la frequenza del suo consumo ha superato quella delle carni rosse. Eppure, secondo gli intervistati, si scelgono sempre più i prodotti con un occhio al prezzo.
Pane e pasta, invece, hanno avuto momenti migliori: sono infatti spariti dalla dieta quotidiana di una quota di popolazione pari all’8,3%, ma resta comunque alto il numero di chi ancora li consuma abitualmente. Il latte viene consumato quotidianamente da un italiano su due, ma l’abitudine si riduce sensibilmente tra i più giovani: la quota di bambini con età compresa tra 6 e 10 anni che consuma latte ogni giorno è scesa dall’81,5% del 2005 al 71,2% del 2018.
Web, disinformazione e luoghi comuni da sfatare sono argomento serio anche per i rappresentanti del FIPE e possono danneggiare il settore della ristorazione. Il presidente Lino Enrico Stoppani e Luciano Sbraga, direttore dell’Ufficio Studi, ne parlano in questa intervista.
E a proposito di luoghi comuni da sfatare, un esempio è quello sui congelati e del relativo “paradosso” dell’asterisco.
Dal Rapporto 2018 emerge un quadro di sostanziale ottimismo per FIPE soprattutto per quanto concerne l’andamento dei consumi alimentari fuoricasa, ormai attestati sul 36% dei consumi alimentari complessivi, con un valore aggiunto di 43,2 miliardi di euro, rafforzando la tesi che vede gli italiani come un popolo a cui piace stare fuori casa.
Resta elevato il turnover imprenditoriale: nel 2017 hanno cessato l’attività oltre 25.780 imprese, evidenziando però un trend di miglioramento del turnover, erano infatti oltre 26.770 le imprese cessate nel 2015. Un quadro che risulta comunque favorevole con un totale di oltre 333.640 imprese in attività ad oggi. Restano positivi i dati sulle prospettive occupazionali offerte dal settore: sono infatti oltre 1.252.260 gli occupati, di cui 864.062 dipendenti e 388.202 lavoratori indipendenti. Ancora preoccupante il dato sulla produttività: l’indicatore resta al di sotto del picco del 2009 per ben otto punti percentuali.
“Siamo un Paese dalla grande tradizione culinaria, dove al pasto sono sempre associati i valori di relazione e convivialità, ed è proprio con questo spirito che nel nostro settore ristoratori e baristi si occupano di accogliere i clienti, diventando testimoni, anche all’estero, delle più belle qualità di noi italiani – commenta Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe. “Il cambiamento dei ritmi e degli stili di vita sta modificando sensibilmente le nostre relazioni con il cibo come emerge dal rapporto Fipe di quest’anno, imponendo alle nostre imprese un supplemento di responsabilità per garantire qualità, sicurezza alimentare e salute. In questo senso i ristoranti sono luoghi fondamentali per promuovere i corretti stili alimentari: il protocollo di intesa recentemente siglato da Fipe con il Ministero della Salute ne è la testimonianza. Una collaborazione nata dal comune impegno a fornire al pubblico informazioni sempre più puntuali per promuovere corretti stili di vita, per contrastare alcune patologie come obesità e abuso di alcol; e per gestire meglio il crescente fenomeno delle allergie e delle intolleranze alimentari”.
“Parlando invece degli aspetti generali del Rapporto – prosegue Stoppani – i numeri confermano il valore del nostro settore non solo da un punto di vista economico, ma anche culturale e sociale. In termini di consumi, occupazione e valore aggiunto emerge il ruolo centrale della ristorazione nella filiera agroalimentare nazionale, un elemento di cui dovranno tener conto le politiche di filiera, ad ogni livello. Non possiamo nascondere, infine, alcune rilevanti criticità che pesano sullo sviluppo del settore a cominciare dagli elevati tassi di mortalità imprenditoriale, dall’eccesso di offerta e dall’abusivismo, dalla bassa marginalità e da una progressiva dequalificazione”.
Facebook Comments