(Sintesi dell’intervento a #GNE2021 #VociVirali il 28/5/2021)

Mi definisco un’insegnante giornalista, nel senso che utilizzo il giornalismo, e il metodo Giornalisti Nell’Erba, per fare didattica inclusiva e sostenibile nella scuola secondaria di primo grado. Insegno lettere in una scuola media statale di Roma. 

Prima di insegnare ho fatto per alcuni anni la giornalista, formandomi nella redazione di un giornale diretto da Paola Bolaffio. Redazione da cui poi è nata la redazione centrale di Giornalisti Nell’Erba.

Il progetto Giornalisti Nell’Erba favorisce proprio l’incontro tra una comunità di giornalisti e una comunità di insegnanti. Io sono un mix delle due cose. A scuola metto in pratica un metodo di lavoro che si basa sulle mie competenze da giornalista. 

Leggo le realtà che frequento da due prospettive: la scuola con l’occhio della giornalista, il giornalismo con l’occhio della docente. Una condizione che a volte è stata scomoda, ma di cui percepisco anche la ricchezza e i punti di contatto a livello deontologico e di competenze.

Adattarsi o evolvere? L’interrogativo che dà il titolo a questa sessione è anche la sfida che si è posta a me, e che spesso ancora mi si pone, mentre cammino sulla linea di confine tra scuola e giornalismo cercando di tendere un ponte fra le due realtà. Cerco di interpretare questa sfida nel segno dell’innovazione, convinta che le due realtà, l’insegnamento e l’informazione, possano apprendere e quindi innovarsi reciprocamente, e quindi evolvere.

Di recente ho avuto una conversazione, a scuola, sull’importanza della valutazione e sulla verifica delle fonti usate dagli alunni in lavori scolastici. In fondo, saper verificare le fonti utilizzate dai nostri studenti e insegnare loro a usarle e selezionarle, e a verificare le informazioni in modo corretto è una questione di educazione civica, una competenza culturale e di cittadinanza a tutto tondo.

Infatti la Legge 92, al comma 2 dell’art 5 – l’articolo è dedicato all’educazione alla cittadinanza digitale – dice che “l’offerta formativa erogata nell’ambito dell’insegnamento di cui al comma 1 [cioè della cittadinanza digitale] prevede almeno le seguenti abilità e conoscenze digitali essenziali, da sviluppare con gradualità tenendo conto dell’età degli alunni e degli studenti”, e al primo punto della lista di queste abilità e conoscenze da sviluppare troviamo il punto “ a) analizzare, confrontare, e valutare criticamente la credibilità e l’affidabilità delle fonti di dati, informazioni e contenuti digitali”.

Nelle Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica emanate con decreto del Ministro dell’Istruzione n. 35 del 2020, l’allegato B Integrazioni al Profilo delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione, che integra le Indicazioni Nazionali 2012, si legge che l’alunno, al termine del primo ciclo di istruzione (quindi alla fine della scuola secondaria di primo grado, cioè della “terza media”) “è in grado di comprendere il concetto di dato e di individuare le informazioni corrette o errate, anche nel confronto con altre fonti”. 

È evidente, quindi, che noi insegnanti dobbiamo porci l’obiettivo di mettere in grado i cittadini più giovani di discernere fatti da opinioni e di attingere informazioni corrette e verificate da fonti attendibili e di cui si sia valutata l’affidabilità. 

Il digitale non consiste solo nell’utilizzo dei device, strumenti che non possiamo comunque pensare di escludere dal contesto educativo: il digitale inizia con l’approccio consapevole, corretto, e io aggiungerei attivo, all’informazione.

Alla base dell’educazione al digitale, quindi, proprio come alla base del giornalismo, c’è la competenza di verifica delle informazioni e di selezione delle fonti

Bisogna perciò che noi docenti siamo consapevoli di dover fornire ai ragazzi gli strumenti per farlo, lungo tutto il percorso scolastico e sin dalla più giovane età.

“Sì, ma come facciamo a farlo?”

Essere giornalisti o voler fare i giornalisti non c’entra: stiamo parlando – e la legge 92 parla – di competenze di cittadinanza, che entrano in gioco e possono essere sviluppate nella pratica quotidiana. 

Di giornalistico c’è la forma mentis: infatti il giornalismo può indicare la via. E il metodo Giornalisti Nell’Erba fornisce una “cassetta degli attrezzi” che sia docenti che ragazzi possono adoperare, non solo nella pratica del giornalismo scolastico, ma proprio nella vita di tutti i giorni. 

“Come verifico, io docente, che l’alunno abbia attinto informazioni da fonti corrette?”

Premesso che molte volte basta farsi venire il dubbio e googlare per risolverlo, a mio avviso c’è un lavoro di preparazione del terreno che va iniziato ben prima di questa domanda:

  1. bisogna insegnare a citare le fonti, sia in termini di citazioni e riferimenti bibliografici che in termini di esplicitazione della provenienza delle informazioni di cui si dispone o che si comunicano. Non è abbastanza specifico “l’ho trovato su internet”: su internet ci sono siti e notizie affidabili e anche inaffidabili, informazioni scientificamente fondate e bufale che colpiscono alla pancia e per questo risultano d’impatto. “Me l’ha detto mio cugino” non vale: non penso che, se parliamo di una ricerca assegnata come compito per casa, ci si trovi nella situazione giornalistica di dover preservare l’anonimato di una fonte riservata 😀 
  2. bisogna insegnare a verificare notizie e informazioni (e prima di tutto far sì che l’esigenza di farlo diventi un’abitudine: insegnerò a nutrire il dubbio metodico, a “frenare a secco”, come mi capita di dire in classe, quando qualcosa non mi convince o quando – anche questo è un campanello d’allarme – a tutta prima mi convince troppo;
  3. bisogna insegnare ad attingere delle informazioni da fonti affidabili, e a crearsi dei criteri per selezionare queste fonti, online e offline;

A mio avviso, perché queste competenze diventino davvero bagaglio dello studente, la scuola stessa deve anzitutto dotarsi di strumenti per  i traguardi di competenze riferiti a questo aspetto dell’educazione civica: bisogna quindi che l’aspetto della verifica delle informazioni e della selezione delle fonti sia non solo curato durante tutto il percorso scolastico, ma anche inserito nelle griglie di valutazione a tutti i livelli, dai compiti in classe all’elaborato finale della terza media. 

E anche i docenti devono saper fare:

  1. devo sapere verificare io stessa le informazioni, e avere cognizione di come selezionare le fonti. Come abbiamo detto, spesso basta Google – e qualche indicazione più specifica di cui a cui dedichiamo un capitolo del nostro ebook. Poi si può approfondire. Formarsi e autoformarsi, come sappiamo, è un aspetto irrinunciabile della professione docente. Nel metodo gNe ci si forma insieme agli alunni o si impara da loro, nello spirito della formazione reciproca sul campo: il nostro ebook per esempio è rivolto sia a docenti che a ragazzi, che possono lavorare gomito a gomito proprio come si fa nella redazione di un giornale; 
  2. non dimentichiamo di esercitare il comune buonsenso: se un alunno presentasse un elaborato di terza media basato sull’asserzione che gli extraterrestri sono tra noi, lo considereremmo scientificamente fondato? Se argomentasse in modo convincente ma sulla base di affermazioni palesemente antiscientifiche, convalideremmo il suo discorso solo perché l’argomentazione è corretta? Anche nella scuola democratica e nel giornalismo plurale, infatti, non tutte le opinioni possono avere lo stesso peso specifico e la stessa validità. Ci torniamo su tra poco. 

Possiamo risalire alla fonte del messaggio che ci è stato inoltrato su WhatApp? e possiamo sapere da quante persone è stato inoltrato prima di arrivare a noi? 

“E la libertà d’opinione? e il contraddittorio?”

Il contraddittorio è un mito ingannevole.

Per esempio, invitereste a confrontarsi davanti agli studenti della vostra scuola un astronauta che ha fotografato la terra dallo spazio e un terrapiattista? Intervistereste per il giornale scolastico un attivista per i diritti umani e anche un razzista dichiarato? Lo riterreste un contraddittorio culturalmente significativo e utile? 

Come docente, ritengo che la scuola democratica sia una scuola che fa parlare, ma fa anche verifica su quello che viene detto. Si accettano “opinioni basate su fatti”, come dico ai miei alunni. Non sul ragionamento apodittico o sulla provocazione fine a sé stessa. Spero poi siamo tutti d’accordo che le opinioni non basate su fatti, discriminatorie e che fomentano odio non siano parte del nostro discorso educativo a prescindere. 

Il ruolo dell’insegnante – e probabilmente degli adulti in genere, giornalisti compresi – è maggiormente accreditato e stimato se si mettono questi paletti. 

“Insegnando il dubbio metodico non alleveremo piccoli complottisti?”

Abituarsi a esercitare costantemente il pensiero critico, a nutrire il dubbio metodico, non vuol dire non credere a nulla o cedere alla tentazione del complottismo. I nostri alunni devono sapere che il cittadino ha l’obbligo di informarsi – trovare le informazioni e avvicinarsi alla fonte, oppure a chi ci può dare informazioni verificabili e di qualità. Per esempio a esperti dell’argomento, a chi indaga approfonditamente fenomeni sulla base di dati, a chi conduce ricerche scientifiche, a chi può fornire prove di ciò che afferma, a chi pratica il fact checking (la verifica di informazioni) in modo metodico e strutturato. 

gNe contribuisce con sua rete che come abbiamo detto prima mette in contatto la scuola con esperti di scienza, ambiente, comunicazione e molto altro.

Due parole finali sulla scrittura. 

Contrariamente a quanto comunemente si pensa, per fare il giornalista non si deve “saper scrivere” (anche se poi si impara). 

L’essenziale è saper comprendere (e restituire) le relazioni di causa effetto, i legami logici, e ovviamente selezionare e verificare le fonti e le notizie. 

Questo significa costruire una struttura mentale che riesce a sostenere un pensiero complesso. 

Quindi la scrittura evolve. 

Un esercizio utilissimo praticare è quella che in giornalismo si chiama “cucina”, che proponiamo tra l’altro nel nostro ebook. 

Parlando di scrittura, uno dei pilastri del metodo gNe è quello che io sintetizzo nella frase: anche l’insegnante scriva. Abbiamo parlato di formarsi insieme agli alunni, come accade nelle redazioni si scrive uno accanto all’altro e ci si confronta. 

Gli strumenti di condivisione dei documenti che abbiamo utilizzato in modo più significativo in questo periodo, del resto, facilitano questi processi, che io consiglio di mettere in pratica. 

Far vedere agli alunni come lavoriamo e cosa produciamo è una forma di modeling, aiuta a vincere il panico da pagina bianca e il perfezionismo (ho mostrato – e i documenti elettronici e condivisi lo permettono ancora di più – che su un semplice testo ho fatto 17 revisioni). Insegna il “come”, proprio come l’hanno insegnato i giornalisti di volta in volta a quelli più giovani: di questa forma di modeling professionale c’è un esempio nell’ebook

In classe le occasioni di praticare quanto ci siamo detti non mancano. 

A me vengono spesso in mente lì per lì ascoltando i ragazzi:

Esempi che ho realizzato in classe seconda-terza media, a partire da interessi di alunni/e:

  • verificare circolare diffusa dall’influencer
  • il nome del piccolo Leone Lucia
  • se vieni ad abitare in questo quartiere, come trovi la pizzeria migliore?

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