COP27, la Conferenza Onu sul clima alla quale partecipano 198 paesi del mondo (praticamente tutti) in Egitto, a Sharm El Sheikn, non si è chiusa venerdi 18 come previsto. I negoziati sono proseguiti per tutta la giornata di sabato e buona parte della notte. (qui per leggere cosa è accaduto la prima settimana)
ore 3.50 di domenica 20/11: il presidente di COP27, dall’account twitter ufficiale, dichiara: “La storia è stata scritta oggi alla #COP27 di Sharm El-Sheikh quando le parti hanno concordato l’istituzione di un tanto atteso fondo per perdite e danni per assistere i paesi in via di sviluppo che sono particolarmente vulnerabili agli effetti negativi del cambiamento climatico”. Dopo 30 anni, esiste finalmente un accordo sul fondo. Alla prossima Conferenza della Parti, COP28, si dovrà stabilire quali sono i pardi vulnerabili e quali quelli che dovranno versare i fondi. La Cina, tanto per per fare l’esempio più eclatante, è formalmente paese in via di sviluppo ma è anche uno dei più grandi emettitori.
Nessun reale passo avanti sugli impegni dei paesi per la riduzione delle emissioni.
Qui sotto i link ai due documenti finali di COP27.
https://unfccc.int/sites/default/files/resource/cma4_auv_2_cover_decision.pdf
https://unfccc.int/sites/default/files/resource/cop27_auv_2_cover%20decision.pdf
Leggi anche “COP27, si pagano i danni”
ore 22.30 – Negoziati in fase critica: alcuni paesi, tra cui l’Europa, premono per reinserire nel testo l’aumento dell’ambizione nella riduzione delle emissioni.
ore 21.20 – La plenaria non è ancora convocata. Si continua a discutere.
Ore 18,30 – Sembra che la plenaria finale di COP27 sia prevista a partire dalle 20 di questa sera. Nel frattempo, nel pomeriggio, è uscita una nuova bozza di documento, ancora provvisoria, che Italian Climate Network, la onlus che da più di 10 anni segue con esperti tutti i negoziati, ha esaminato. Ecco i punti chiave emersi dalla loro osservazione: 1. mancano ancora dettagli su #LossAndDamage, ma c’è una proposta della presidenza egiziana che potrebbe portare alla decisione sulla creazione del Fondo nelle prossime ore. Su questo punto sono quindi attesi aggiornamenti importanti. 2. Rimane nel testo il riferimento all’obiettivo +1,5°C e ai rapporti IPCC, il tavolo internazionale di scienziati ed esperti sul clima che produce rapporti dettagliati su richiesta dell’Onu. 3. Si dà particolare attenzione alla crisi energetica e a quella alimentare, e agli impatti sui Paesi più poveri. 4. Non è menzionato (e sembra sparito dalle sotto-decisioni) il riferimento al picco delle emissioni globali al 2025. Era stato richiesto dall’Unione Europea come “blindatura” in cambio del Fondo #LossAndDamage. 5. I Paesi ammettono che neanche quest’anno raggiungeranno i 100 miliardi di dollari all’anno in finanza per il clima. 6. Sull’aggiornamento degli impegni nazionali (NDC) il testo è debole. Si indica l’aggiornamento degli NDC entro l’anno prossimo per quanto riguarda gli obiettivi al 2030. 7. Su phase-out e phase-down resta la stessa formulazione espressa dalla COP26 di Glasgow: phase-down da carbone non mitigato, phase-out da sussidi “inefficienti”. 8. Scomparso il paragrafo sui diritti umani e il diritto a un ambiente salubre che era presente nella bozza di due giorni fa. Alcuni negoziatori dei paesi poveri festeggiano l’ingresso nel documento del fondo per le perdite e i danni da cambiamento climatico: attendono da trent’anni una risposta su questo fronte. Inoltre, nell’ultima bozza si parla di crescita delle rinnovabili, ma non ci sono riferimento a gas e petrolio. La massiccia presenza di Stati e imprese oil&gas, a partire dallo stesso Egitto, si è fatta sentire.
“Nous devons sortir de la COP27 avec un ensemble de résultats qui doit garder en vie l’objectif d’1,5°C et protège les vulnérables dans le monde“, a exhorté la haute représentante pour le climat de la République des Îles Marshall, Tina Stege, au cours d’une conférence de presse. Les négociations à la COP27 sont particulièrement âpres et débordent de près de 25 heures par rapport au programme initial.
Per la “high ambition coalition“, che riunisce più di 60 stati (anche alcuni europei come la Danimarca e la Germania, e il Regno Unito) molti dei quali sono i piccoli insulari minacciati già adesso dall’innalzamento dei mari e dalle conseguenze del cambiamento climatico, “le decisioni di questa COP devono mettere ilmondo sul cammino dell’uscita dalle fonti fossili e si una transizione rapida sulle rinnovabili”. ha dichiarato Tina Stege, a nome della coalizione.
Alle 15 filtra da una fonte europea il primo risultato: c’è un accordo sullo spinoso tema “loss and damage”, ossia i fondi che i paesi ricchi devono dare a quelli poveri per le perdite e i danni che subiscono e hanno subito per il cambiamento climatico (dovuto principalmente alle emissioni dei paesi ricchi). Non è poco, anche se comunque in pratica andrebbe a regime a partire dal 2024. Per tutte le due settimane si è temuto che neppure questo sarebbe accaduto: del resto, la questione è sempre slittata di Cop in Cop e già il fatto che nei primi giorni fosse messa in agenda era un successo.
ore 14.50 – Anche se magro, è paradossalmente un risultato pure il fatto che si sia mantenuto nel testo il limite di 1,5°C di surriscaldamento globale: si è seriamente temuto che ci fosse un “ammorbidimento” anche sul fronte ambizione, considerati i tempi di crisi energetica e le pressioni dei paesi che fondano la propria economia sui fossili. Insomma, ci dobbiamo accontentare, perché poteva andare molto peggio.
Per raggiungere questa bozza di testo in cui si ribadiscono i termini dell’Accordo di Parigi, l’Europa ha dovuto minacciare di lasciare la conferenza. Certo, il documento, ancora provvisorio, si limita a “ricordare” richiesta di “rivisitare e rafforzare” gli NDC (ossia gli impegni di riduzione nazione per nazione) e non sottolinea nuovi impegni.
In mattinata, il timore di tutti era quello di un fallimento totale. Il vicepresidente della Commissione Europea Frans Timmermans, dopo una notte di trattative su proposte “inaccettabili” avanzate dalla presidenza egiziana della COP, ha detto che sarebbe “meglio un non accordo piuttosto che un brutto accordo”. John Kerry, inviato USA per il clima, risulta positivo al Covid proprio mentre si stringe per ottenere un buon testo finale. La presidenza di COP, durante la notte, aveva minacciato di consentire l’abbassamento delle ambizioni per ridurre le emissioni, se i paesi ricchi non avessero messo nero su bianco il fondo per il risarcimento ai paesi poveri. L’Europa, per bocca di TImmermans, ha risposto che “se si decidesse di sforare l’obiettivo degli 1,5 gradi, non avremo mai abbastanza denaro per fronteggiare tutte le perdite e danni che patirà il mondo”.
Facebook Comments