Su qualsiasi mass media, e in ogni paese del mondo, sono sempre più frequenti articoli e discussioni su nuove costruzioni per lo sport, soprattutto nuovi stadi per il calcio, di proprietà dei presidenti delle varie società, senza un occhio ecologico. Il panorama calcistico sta diventando uno di quelli più ricchi nel mondo dello sport, con stipendi dei giocatori che sfiorano i 50 milioni di euro e acquisti che superano i 200 milioni e sovrastano il valore di moltissime società dei migliori campionati europei (Neymar, acquistato questa estate per 222 milioni dal PSG, si avvicina molto al valore stimato della S.S. Lazio – 233 milioni di euro secondo Kpmg). Le spese per la costruzione di uno stadio privato non sono più un problema, a quanto pare, per moltissimi presidenti, che, allo stesso tempo, vedono il futuro (economico) del calcio in queste costruzioni. Questo pensiero, oltre alle potenze del calcio europeo, si sta sviluppando soprattutto nei paesi asiatici e negli Stati Uniti, dove le varie Federazioni, e in alcuni casi i governi (in Cina con la Chinese Super League), stanno finanziando cifre enormi per portare il calcio a livelli molto alti e, quindi, crearci un business più solido. Le migliaia di richieste che in questi giorni combattono per un’approvazione sono veramente un bene per il nostro mondo o rappresentano semplicemente un’altra fonte di guadagno per le varie società?
Gli scontri verbali tra le associazioni ambientaliste, le amministrazioni locali o nazionali e le varie società imprenditoriali e calcistiche sono un argomento di quotidianità. Osservando i vari progetti presentati, gli ambientalisti difficilmente riescono a trovare punti d’accordo, viste le costruzioni immense che tagliano migliaia di ettari in zone verdi o, comunque, vicino zone che potrebbero subire il forte cambiamento dell’ambiente circostante. Non mancano anche le pesanti accuse, sempre da parte delle associazioni ambientaliste verso il governo, visto come aiutante e sostenitore delle società, per ricevere in futuro una parte del ricco guadagno derivante dagli stadi. I nostri problemi, però, nel mondo, vengono accompagnati da centinaia di nuove costruzioni che stanno scrivendo un nuovo capitolo della storia del calcio. In Messico, l’Estadio Chivas ricicla l’acqua piovana e grazie all’eolico mantiene vivo l’impianto; in Inghilterra, una squadra della quinta divisione nazionale (Forest Green, in National League) sta per inaugurare il primo stadio completamente in legno e così per tanti altri paesi che si stanno sviluppando con nuove tecnologie eco-sostenibili nello sport (eco-stadi).
Alla base dei nostri problemi c’è una scarsa presenza di leggi su questo argomento, o forse anche una scarsa buona volontà a far bene le cose pensando anche all’ambiente e spesso si offre la possibilità alle società di presentare progetti ai limiti del possibile, con mega-costruzioni in luoghi che non possono ospitarle. L’inserimento di un regolamento rigido da seguire, che indirizza tutte le prossime idee verso soluzioni ottime sia per lo sport, per il calcio e le società in particolare, sia per il paese e l’ambiente, potrebbe essere una soluzione per terminare contrasti che, in questa situazione, non termineranno mai. L’importante è aver chiari obiettivi a lunga scadenza che tengano conto di tutte le componenti.
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