L’economia circolare non è il futuro, è reale, è oggi, ci stiamo dentro. E, anche se se ne parla poco e pochi ne sanno, ci conviene e crea lavoro.
Qui sotto, qualche numero di economia circolare, una sorta di raccolta di appunti sparsi, presi dal nostro direttore per l’intervento a Radio24 in diretta da Ecomondo il 6 novembre.
Ci conviene, dice uno studio realizzato da Agi e Censis ad ottobre 2018. “Siamo un paese di trasformazione privo di risorse naturali con il più basso consumo di materiali grezzi in Europa, tra i più bravi ad estrarre valore dalle risorse utilizzate, al primo posto per circolazione di materiali recuperati all’interno dei processi produttivi e l’industria del riciclo si stima produca circa l’1% del Pil italiano”, si legge nell’indagine. Il nostro Paese, a quanto pare, è un punto di riferimento per l’Europa quando si parla di “economia circolare”:
· Abbiamo il più basso consumo domestico di materiali grezzi: 8,5 tonnellate pro-capite contro le 13,5 della media UE;
· Siamo tra i più bravi ad estrarre valore dalle risorse utilizzate: 3,34 euro di Pil per ogni kg di risorse, contro un valore medio europeo di 2,2 €/kg;
· Siamo al 1° posto per “circolazione” di materiali recuperati all’interno dei processi produttivi (18,5% di riutilizzo contro il 10,7% della Germania);
· Sulla totalità dei rifiuti prodotti (129 milioni di tonnellate) solo il 21% viene avviato a smaltimento (contro il 49% della media europea). Sulla totalità dei rifiuti trattati, l’Italia ne avvia al riciclo il 76,9% (36,2% la media UE);
· Nel 1999 il 68% dei rifiuti urbani veniva mandato direttamente a smaltimento. Oggi questa percentuale è scesa all’8% circa;
· La sola industria del riciclo si stima produca 12,6 miliardi di euro di valore aggiunto (circa l’1% dell’intero PIL italiano);
· Nel 2017 il 48% degli italiani ha acquistato o venduto beni usati, con una crescita dell’11% rispetto al 2016. Un mercato che vale 21 miliardi di euro (1,2% del Pil). Il 42% degli acquisti è avvenuto online;
· Gli iscritti al car sharing sono raddoppiati in due anni: da 630 mila nel 2015 a 1 mln 310 mila nel 2017.
Altre informazioni utili.
Imprese nel settore rifiuti: 10500, che occupano 133mila addetti, per un mercato di 23 miliardi annui. L’industria del riciclo conta 7000 imprese e produce 12,6 miliardi di euro di valore aggiunto, l’1% del Pil italiano. Il 31 maggio 2018, il Segretario generale del Ministero dell’ambiente Caponetto, ha firmato la carta per l’adesione alla Piattaforma italiana degli stakeholder per l’economia circolare (Italian Circular Economy Stakeholder Platform – ICESP), una piattaforma di convergenza e confronto delle varie iniziative in corso in Italia per rappresentare in Europa, in maniera coordinata e coerente, “the italian way for circular economy”
L’economia circolare offre ampi spazi alle imprese per ripensare il proprio modo di innovare e di competere e in questo percorso un ruolo decisivo lo possono dare le tecnologie ricomprese nell’ambito di Industria 4.0, dalla manifattura additiva all’Internet delle cose (IoT). L’imprenditore dell’economia circolare però – si è detto all’EcoForum del giugno scorso – è un innovatore “solitario” che crea sviluppo in sinergia con gli enti di ricerca, crea lavoro e nuove professionalità, senza godere di un adeguato sostegno economico, normativo e d’impresa.
A scattare la fotografia è l’indagine sulle Opportunità di Business e di innovazione dell’economia circolare e l’industria 4.0 realizzata dal Laboratorio Manifattura Digitale del Dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell’Università di Padova e Legambiente (presentata appunto durante la prima giornata dell’EcoForum 2018. Dal rapporto emerge che il principale modello di business praticato è legato al recupero delle risorse (per 30 imprese, pari al 61,2%) o alla fornitura di input di natura circolare (15 imprese, 31,6%). Le imprese hanno investito soprattutto nelle attività di marketing e commerciali (61,7%) e nelle attività di ricerca e sviluppo e rinnovo del proprio portafoglio prodotti (47,9%). Le principali difficoltà non sono di natura tecnologica, quanto piuttosto legate ad una legislazione inadeguata o contraddittoria (48,9%) oppure connesse al prezzo dei prodotti “circolari” realizzati (48,9%),
Nel nostro Paese, afferma il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, “l’economia circolare è già una realtà in diversi territori, ma la burocrazia asfissiante, l’inadeguatezza di alcuni enti pubblici, le autorizzazioni sbagliate, i decreti ‘end of waste’ sulle materie prime seconde che non arrivano mai, il mancato consenso sociale per la realizzazione dei fondamentali impianti di riciclo sono questioni che vanno affrontate una volta per tutte per voltare pagina in tutto il territorio nazionale”.
Lavoro.
Con l’economia circolare sono previsti tra i 150 e i 700 mila nuovi posti di lavoro. Economia circolare vuol dire opportunità per le aziende intelligenti e lavoro per i giovani adeguatamente formati. Il 52% delle imprese “indagate” dal rapporto presentato a EcoForum dichiara che l’occupazione è aumentata a seguito dell’adozione di pratiche di economia circolare, attraverso sia l’assunzione di nuove figure professionali tecniche sia l’aggiornamento delle risorse interne (tecniche e amministrativo/gestionali).
Studi europei dicono che il settore del riciclo genera fino a dieci volte il numero di posti di lavoro rispetto alle attività di smaltimento e incenerimento dei rifiuti. Per quanto riguarda la sola EU, stime disponibili al 2020 riportate in un rapporto dell’ILO (2012) indicano per uno scenario BAU con un tasso di riciclo pari al 50%, una stabilità nel numero di posti di lavoro creati, mentre per uno scenario ambizioso che prevede un tasso di riciclo al 70%, si prevede una crescita di 560mila posti di lavoro diretti, indiretti e indotti.
Cosa studiare.
Certamente economia, ma non solo. Chimica green, design, architettura, ingegneria, geometri, urbanistica… Dall’idraulico al ricercatore di nuovi materiali, dal meccanico all’avvocato, tutte le professioni saranno man mano trasformate in quest’ottica. Non è come dire che le rinnovabili sono il futuro e quindi una professione da intraprendere è quella dell’installatore di pannelli. L’economia circolare – e più in generale lo sviluppo sostenibile – di fatto trasformano ciascuna professione, dall’insegnante della scuola primaria al commesso del negozio di abbigliamento, dal super manager all’impiegato di banca. Richiestissimi, secondo una elaborazione del gruppo Clas, gli avanzati di supporto alle imprese, il settore agricoltura e sanità avranno necessità di giovani preparati. Importantissimi saranno anche gli avvocati e gli esperti di diritto, consulenti essenziali per regolamentare i passaggi.
Il design thinker, che valuta i collegamenti e le interazioni tra le imprese, o tra imprese e governo, tra imprese e consumatori, sarà una figura importante. Per non parlare del designer di prodotto, che deve rivoluzione in ottica “circolare” la sua progettazione. Enea ha pensato ad una nuova figura professionale, il ‘Resource Manager’ in grado di svolgere l’attività di raccordo e valutazione degli scarti, gestire gli acquisti di materie prime e materie prime seconde. L’Energy Manager, invece, ha il compito di verificare i consumi energetici di un’azienda e applicare misure di contenimento.
Come e dove studiare.
E qui ancora – tranne qualche eccezione – non siamo pronti ad affrontare una sfida strutturata e organizzata, di sistema, appunto. Non aiutano allo scopo neppure gli stessi docenti universitari: secondo la rilevazione Censis-Agi sulla percezione dell’Economia Circolare (ottobre 2018), solo il 19% degli accademici ritiene che si tratti di un cambio di paradigma, di una rivoluzione in atto.
Qualcosa si è attivato. Facciamo solo qualche esempio. Oltre allo ormai storico corso nato nel 2007 alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Milano Biccocca/Università di Torino/Università di Bologna/Federico II di Napoli propongono il “Master in Bioeconomy in the Circular Economy (BIOCIRCE)”. Nel luglio scorso è nato anche il corso dell’Università della Tuscia, molti corsi trasversali a varie lauree sono attivi all’Università Roma Tre, ad aziende e al terzo settore si rivolge invece l’Università Cattolica del Sacro Cuore, mentre IEFE Bocconi offre in inglese “Finance of the green business and the circular economy”. L’università di Venezia è attiva sul fronte dell’adattamento ai cambiamenti climatici (corso di Laurea Magistrale in pianificazione e politiche per la città, il territorio e l’ambiente e Master europeo in “Planning and policies for city, environment and landscape”), e sul design per l’economia circolare (IUAV – Master di I livello con Laura Badalucco). L’università di Pavia è tra le due università italiane, insieme a Bocconi, inserite nel network della Ellen MacArtur Foundation.
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