Katowice (dai nostri inviati) – I negoziati proseguono e si concentrano sui nodi cruciali. I tecnici vanno avanti anche di notte, chiedendo indicazioni ai politici: le decisioni spettano a loro. Dalle 300 pagine iniziati, si è scesi a circa 200, ma sono ancora tante le parentesi quadre nella bozza del libro delle regole dell’Accordo di Parigi. Probabilmente solo mercoledì pomeriggio si avrà una bozza più limata e definita. I nodi sono sempre gli stessi: trasparenza, finanza, impegni nazionali. C’è pure chi vorrebbe annacquare l’approvazione dell’ultimo rapporto dell’Ipcc sul surriscaldamento globale a 1,5°C.La discussione di ore sul verbo adatto per inserirlo nel testo è un segnale che non depone bene, ma di fatto, secondo alcune letture, ottiene l’effetto contrario, fortificando coalizioni più virtuose. Ma come? A Parigi nel 2015 era stato commissionato apposta, quel rapporto dalla scienza che si è rivelato ad ottobre di quest’anno un vero allarme. Serviva appunto per poter scrivere meglio il regolamento d’applicazione dell’Accordo di Parigi.  Eppure qui a Katowice si discute se dargli il “benvenuto” oppure solo “prenderne nota”, insomma se approvarlo e integrarlo nella discussione oppure far finta di nulla. Fanno fronte comune gli amici fossili, USA, Russia, Arabia Saudita e Kuwait, che vorrebbero un semplice “prender nota”, giusto per annacquare la necessità di mantenere il riscaldamento globale sotto l’1,5 ° C.

Il loro tentativo di mettere in discussione il recente rapporto dell’IPCC e la necessità di impegnarsi a contenere il riscaldamento globale entro la soglia critica di 1.5°C ha avuto l’effetto opposto a quello auspicato. Anziché allargare la loro sfera di influenza, sta portando al loro isolamento e alla perdita di potenziali compagni di strada come i paesi dell’Europa dell’est, commenta Mauro Albrizio, direttore ufficio di Bruxelles di Legambiente, che da sempre segue le conferenze sul clima.

 

I paesi in via di sviluppo si stanno irrigidendo di fronte alle posizioni dei paesi ricchi sui finanziamenti. Una frattura tra i due fronti porterebbe al fallimento dell’obiettivo di restare sotto 1,5°C: senza poter contare anche sull’impegno dei paesi in via di sviluppo, il mondo non ce la fa.

Tutti, anche l’Europa, “devono aprire i cordoni della borsa”, dice Albrizio. Solo così si ricostruisce la coalizione di ambiziosi nata a COP21 e che oggi è necessaria per tradurre in realtà l’accordo di Parigi.

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giornalista professionista, è direttore responsabile di Giornalisti nell'Erba, componente dell'ufficio di presidenza FIMA (Federazione Italiana Media Ambientali) e membro Comitato Scientifico per CNES UNESCO Agenda 2030. Presidente de Il Refuso a.p.s.. In precedenza ha lavorato come giudiziarista per Paese Sera, La Gazzetta e L'Indipendente. Insieme a Gaetano Savatteri ha scritto Premiata ditta servizi segreti (Arbor, 1994). Collabora con La Stampa.

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