Se sarà fatto, sarà un canale lunghissimo. Ben 278 chilometri. Il progetto del canale di Nicaragua è un’impresa faraonica, quasi il quadruplo del canale di Panama, lungo 81 chilometri. Unirà il Pacifico e l’Atlantico. Collegando i fiumi Brito e Punta Gorda. Attraverserà due laghi: il Cocibolca e l’Atlanta. Si insinuerà nella Paludi di San Miguelito, area protetta di grande valore naturalistico. Taglierà il Nicaragua in due.

Il progetto del canale invaderà foreste, due laghi, l’area protetta San Miguelito e la biosfera dei nativi
Se sarà fatto, sarà un disastro ambientale accusano le associazioni ambientaliste di tutto il mondo. Molti i cittadini nicaraguensi contrari. Ma le manifestazioni nella capitale di Managua sono state subito soffocate dalla polizia. Così come in Italia è stata soffocata la trasmissione Scala Mercalli che aveva denunciato aspramente l’opera.
Si taglieranno foreste che custodiscono animali in via di estinzione. Nel lago Nicaragua saranno spazzati via gli squali leuca – che dal mare saltano tra le rapide dei fiumi come i salmoni – e si comprometterà una delle maggiori riserve di acqua potabile del Paese. La zona del cantiere, poi, è ad alto rischio sismico, per via dei molti vulcani attivi limitrofi. Un team di scienziati internazionali riuniti presso la Florida International University ha contestato gli studi di compatibilità ambientale: “Non tengono conto dei periodi di siccità stagionali e dei forti uragani, né dei danni della deforestazione”.
E come se tutto questo non bastasse, il canale gigante è anche un mina vagante in termini di impatto sociale: tra le 27mila e le 100mila persone verranno espropriate: molti contadini dalle loro terre e tantissimi indigeni che da sempre abitano le foreste.
Per il maxi canale serviranno 50 miliardi di dollari. È il gigante cinese a prendersi sulle spalle il progetto. Sebbene adesso spunti un partner economico: l’Iran. “Molte società di Teheran sono interessate ad investire in questa infrastruttura” ha dichiarato Mohammad Javad Zarif, ministro degli esteri iraniano. L’ipotesi di realizzazione, un tira e molla che va avanti dal 7 giugno 2013 – giorno dell’approvazione del governo – diventa sempre più concreta. I lavori forse cominceranno a fine 2016.

Canale di Panama; più piccolo ma in fase di ampliamenti, ad oggi come traffici non è saturo
Sarà largo dai 230 ai 520 metri e profondo almeno 30 metri. Per il presidente nicaraguense Ortega non ci sono dubbi: “Quest’opera serve, farà circolare navi grandi 25mila teu, a Panama il massimo oggi è 15mila teu. La concorrenza poi farà diminuire i costi di pedaggio”. “Creerà anche 50mila posti di lavoro, di cui 25mila per i nicaraguensi – continua Ortega -all’anno frutterà 5,5 miliardi di dollari, il Pil crescerà del 4%”.
Numeri che mettono l’acquolina in bocca in un paese il cui tasso di disoccupazione è pari al 47%. Ma i big dello shipping sono ben più cauti. “Il comparto marino non lo chiede, il Canale di Panama non è saturo, se il settore è sovracapace è un problema” afferma Gian Enzo Duci, presidente nazionale di Federagenti, associazione italiana degli agenti marittimi. “Le mega navi sono per lo più cinesi e giungono in Europa passando da Suez, non hanno convenienza ad allungare la rotta” commenta Ignazio Messina, Ad del gruppo genovese Messina.
Ma Panama è davvero così obsoleto? In realtà, sono in corso progetti di ammodernamento e ampliamento.
Insomma, alla necessità commerciale sono in pochi a crederci e più si “scava” a fondo in questa storia e più emergono motivi geopolitici: gli Stati Uniti hanno il controllo del Canale di Panama, la Cina, avrà il controllo del Nicaragua. Si faranno la guerra dei prezzi? Si infittisce ancora di più quella trama che lega i due paesi, quel debito pubblico statunitense di 1200 miliardi di dollari che giace nelle tasche cinesi.

Managua; numerosi manifestanti contrari al progetto sono stati ostacolati
Le ragioni dei contrari al progetto sono anche economiche. C’è chi fa leva sul fatto che, proprio perché sarà la ditta cinese HKND Group (Hong Kong Nicaragua canal development) ad avere una concessione di cinquant’anni – rinnovabile per altri cinquanta – il governo stia svendendo il Nicaragua al paese del dragone. Altri sottolineano che nel paese sono già in progettazione i cosiddetti canali secchi transoceanici: un oleodotto, un gasdotto, una strada ad alta velocità ed una ferrovia. Più che al portafoglio gonfio nell’immediato c’è chi fa presente che l’economia del Nicaragua è durevole se punta al turismo.
Ci si arricchisce da una parte ma si perde dall’altra. Saranno creati nuovi posti di lavoro- che comunque saranno a tempo determinato, giusto i 5 anni per realizzare l’opera – ma quanti se ne perderanno? Se il Nicaragua diventerà una rotta commerciale di container a risentirne sarà il blu del mare, il bianco delle spiagge, il verde delle foreste. Quel tesoro di biodiversità che attira migliaia di turisti.

Lago Cocibolca al tramonto; la costruzione del canale porterà nel lago un flusso di mega navi
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