(articolo pubblicato su La Stampa)
E’ più ecologico un post di facebook con tanto di foto, o un rapido tweet di meno di 140 caratteri? Un’email o un video su youtube? Calcoli complicatissimi: le variabili sono tante, compresa quella dell’alimentazione del tuo computer e del tuo modem. Ma se ipoteticamente dipendesse solo da Facebook, da Twitter, da Google, Yahoo o Apple, la risposta sarebbe questa: la mela è la più green, il suo approvvigionamento energetico è tutto da rinnovabili. Anche Yahoo non se la cavava male, con il 73% di rinnovabili rilevato nel 2014 da Greenpeace. A seguire, Facebook (49%) e Google (46%). Maglia nera, l’anno scorso, a Amazon, e grigia a Twitter, che ha evitato di fornire tutti i dati.
Ma quanto inquina internet? Se fosse un Paese, la sua domanda di energia elettrica sarebbe attualmente a sesto posto. Tanto per dire: un’email di 1 mega comporta l’emissione di circa 19 grammi di CO2; un’azienda con 100 dipendenti che mandano 33 messaggi al giorno, emette circa 13,6 tonnellate all’anno solo per la posta elettronica. Come 13 viaggi andata e ritorno da Parigi a New York in aereo.
I dati di quest’anno non sono ancora usciti, ma si prevedono variazioni. Almeno per Facebook, che dà prova di voler raggiungere il 100% in tempi brevi, dando notizia ogni due per tre di nuovi green center in Oregon, in North Carolina, Texas, Svezia… l’ultimo il 25 gennaio in Irlanda, a Clonee, vicino Dublino. Sarà alimentato al 100% da energia eolica, come il centro aperto nel 2013 a Luleå in Svezia (alimentato con energia da fonte idroelettrica), e partirà tra il 2017 e il 2018 grazie all’investimento di 200 milioni di euro. Non solo sarà energeticamente green, ma anche tecnologicamente all’avanguardia sostenibile, secondo i dettami dell’Open Compite Project che prevede l’alleanza di aziende IT per la condivisione di sviluppatori e ricercatori e infrastrutture vantaggiose open source. Lanciato da Facebook nel 2011, il progetto è cresciuto piuttosto rapidamente, anche con l’adesione, tra gli altri, di Intel, Amd e Broadcom. Secondo Facebook, la condivisione di tecnologie per i data center potrebbe consentire di diminuire del 38% il consumo di energia e abbattere i costi di costruzione e gestione del 24%, migliorando le performance di sostenibilità. Facebook vuole raggiungere il suo goal green. E vuole farlo sapere. Nella sua pagina Green on facebook tiene costantemente aggiornati i suoi fan. E’ lì che l’8 gennaio ha postato la notizia della nascita di un’altra pagina, quella che lancia i “cruscotti” virtuali sui consumi energetici e l’efficienza idrica dei data center a Luleå, in Svezia, e a Altoona, Lowa: “Insieme a dashboard esistenti per i nostri data center in Oregon e North Carolina – scrivono – ora condividiamo pubblicamente le misurazioni di efficienza in tempo reale per tutti i centri operativi”.
La strada non è facile. Non basta che le aziende IT vogliano passare alle rinnovabili. Bisogna che siano messe in condizioni di farlo. Questa è una delle criticità maggiori, secondo gli analisti di Greenpeace: alcune imprese monopoliste in campo energetico e alcuni amministratori pubblici si ostinano a frenare l’ascesa delle rinnovabili, impedendo di fatto a tanti potenziali virtuosi di percorrere il loro cammino. Vorrà dire che, se non dovessero riuscirci, invece di pinterest useremo la vecchia bacheca con le puntine… guarderemo fuori dalla finestra invece che su youtube… organizzeremo quei mortali dopo-cena con proiezione delle diapositive dell’Egitto, invece di postare su instagram… tappezzeremo frigo e scrivania di post.it per sostituire i tweet, parleremo al telefono invece che su skype, torneremo allo schedario al posto di linkedin e alla rubrica per sostituire a facebook… Ecco, credo che rimpiangerò gli aggiornamenti quotidiani dei più intimi, i post provocatori di Jacopo Giliberto, quelli nostalgici della mia amica Maria Antonietta, quelli esilaranti di Giorgia (ma tanto questi me li godo lo stesso in redazione). Non rimpiangerò però i commenti ai post su migranti e unioni civili. Quelli no.
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