L’ 11 marzo ricorreva l’anniversario del tragico disastro che dieci anni fa ha messo in ginocchio il Giappone.

Le proporzioni del disastro furono enormi, e le conseguenze che ha prodotto sulla fauna ittica del Pacifico incalcolabili. Gli esperti stimano che lo smantellamento della centrale sarà ultimato non prima del 2051.
Nonostante la sentenza del 2017 da parte del tribunale di appello sia rimasta in linea con la prima ordinanza della Corte distrettuale di Fukushima, ovvero condannando la società che gestiva la centrale nucleare (TEPCO) e addirittura anche lo stesso Stato del Giappone, le cose sembrano nuovamente non promettere bene per la costa orientale dell’isola e in realtà per tutto l’ecosistema del Pacifico.
Secondo i media nipponici il governo Giapponese ha deciso di rilasciare nell’oceano l’acqua radioattiva impiegata per raffreddare i reattori danneggiati prima dal terremoto, e successivamente dallo tsunami nel 2011.
Da allora sono impiegate 140 tonnellate d’acqua ogni giorno per raffreddare i reattori danneggiati e sono state costruite più di mille cisterne attorno al sito della centrale per contenerle, poiché nonostante l’acqua venga trattata e filtrata rimane contaminata dal trizio, un isotopo radioattivo dannoso in ‘dosi elevate’. Greenpeace ha inoltre rilasciato un rapporto nel quale si dichiara un secondo agente radioattivo, potenzialmente pericoloso per il DNA, il carbonio-14.
Il sito delle cisterne entro il prossimo anno si riempirà, come confermato dal gestore della centrale di Fukushima, la TEEPCO (Tokyo Electric Power). Per questo il governo nipponico domani, martedì 13 Aprile probabilmente darà il via libera alle pratiche per il rilascio delle acque radioattive nel Pacifico.

Una scelta al centro di accese polemiche da anni in Giappone, sia per la contrarietà delle vicine Cina e Corea del Sud, ma soprattutto dall’industria ittica locale. Il presidente della federazione nazionale delle cooperative JF Zengyoren Hiroshi Kishi, ha dichiarato di temere che l’acqua radioattiva possa avere “un impatto catastrofico sul futuro del settore in Giappone”.
La paura è che molti stati possano imporre delle restrizioni ancora maggiori sui prodotti ittici giapponesi, stroncando la ripresa del settore negli ultimi anni.
Il ministro dell’Economia, del Commercio e dell’Industria Hiroshi Kajiyama ha dichiarato che verrà ricercata “la cooperazione degli enti locali e delle organizzazioni globali come l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica”. Proprio quest’ultima circa un anno fa dichiarava che un eventuale rilascio dell’acqua nell’Oceano Pacifico sarebbe stato comunque in linea con gli standard internazionali dell’industria nucleare.
Il processo infatti non dovrebbe cominciare prima di un paio di anni, e le acque radioattive saranno diluite così da rientrare in modelli di sicurezza globalmente accettabili, ciononostante, anche con queste rassicurazioni le conseguenze del disastro si protrarranno per mollissimo tempo ancora.
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