Veritas, il romanzo più noir di Monaldi & Sorti costruito con le operette viennesi. La figlia dei due autori racconta la sua lettura del romanzo.

(con questo articolo, inauguriamo con grande piacere la collaborazione con Theodora Sorti)
Nel dicembre 2013, quando avevo quasi 13 anni, siamo stati invitati a una soirée in onore del mio beniamino: il patriarca dell’operetta viennese, Harald Serafin. Il giorno prima vedo che papà e mamma aprono uno dei loro libri e si accingono a leggere insieme un brano che pare reciteranno alla soirée. Non ho ancora letto neanche uno dei loro libri e così non vi presto attenzione. Ma non è passato nemmeno mezzo minuto da quando hanno iniziato a leggere, che sento arrivare alle mie orecchie nomi, luoghi e battute dalle più belle operette austriache, il mio primo amore “musicale”. Ciò che io in quegli istanti provavo – gioia, ilarità e stupore – l’avrebbero provato il giorno dopo lo stesso Serafin e anche altri invitati. Peccato che, perlomeno in Austria, pochissima gente abbia ancora la capacità di provare questi sentimenti.
A 2 anni ho visto e “vissuto” la mia prima operetta: Die Fledermaus (Il pipistrello) di Johann Strauss. A 5 anni ero un fiume in piena che straripava regolarmente a causa delle innumerevoli operette di cui mi riempivo prima la testa e poi la casa. Nelle orecchie dei miei genitori rimbombavano ogni giorno nomi, battute e melodie delle migliori operette austriache. Quando, in seguito a quella soirée, ho preso in mano una stampata di Veritas (in Italia è stato pubblicato solo ad aprile scorso) e l’ho letto tutto, mi sono sentita, come mi sento tuttora, profondamente lusingata di aver contribuito, anche se involontariamente, alla nascita di una buona parte del romanzo.
La trama del libro è suddivisa in giornate. Nella terza giornata viene presentata al lettore una combriccola di cosiddetti Bettelstudenten vale a dire studenti poveri. Già la definizione tedesca fa riferimento al titolo di un’operetta di Carl Millöcker (Der Bettelstudent). Gli studenti poveri di questa combriccola portano i nomi, la giovialità e addirittura l’aspetto dei personaggi delle operette più famose di Millöcker, Kálmán e Lehár. E ciò non vale solamente per questa combriccola. Anche altri nomi, come Ollendorf o Frosch, originano dalle operette viennesi. Chi sta leggendo Veritas o chi lo ha già letto, non immagina che il “conte” polacco Jan Janitzki Opalinski e il tanto temuto maestro di tedesco dell’Io narrante Ollendorf provengono dall’operetta Der Bettelstudent di Millöcker, e che l’aitante bellimbusto Dánilo Danílovic è il protagonista dell’operetta Die lustige Witwe (La vedova allegra) di Franz Lehár. Soltanto uno dei sei studenti poveri della combriccola non è un personaggio tratto da un’operetta: il bulgaro Hristo Hristov Hadji Tanjov. Il suo nome deriva dal nome del traduttore bulgaro dei miei genitori: Hristo Hagitanev.
In Veritas quasi tutti gli studenti poveri vengono assassinati. Leggendo, ad ogni ritrovamento del cadavere… io provavo un tuffo al cuore. Il primo colpo fu per me uno dei più dolorosi: la prima vittima era Danilo Danilovic. Non avevo neanche finito di leggere la pagina che non mi trattenni più dal dire ai miei genitori: “Questo non me lo dovevate fare! Danilo non me lo dovevate uccidere!” Questo per spiegare che legame ci fosse fra me e ogni personaggio delle mie operette.
In Veritas i personaggi lo sono di nome e di fatto. Essi vengono ritratti così come sono nelle operette che io conosco. Solo in alcuni casi l’età del personaggio di Veritas non corrisponde all’età che quest’ultimo avrebbe nell’operetta. Un esempio per chi ha letto o sta leggendo Veritas: Penicek, il cosiddetto “pennale”, ovvero l’aiutante, di uno dei sei studenti della combriccola, nell’operetta viene rappresentato da un vecchio mentre in Veritas viene descritto giovane (come tutti gli altri studenti) anche se sciancato. A parte casi come questo, tutte le caratteristiche assegnate dai miei genitori agli “studenti poveri” e a vari altri comprimari, corrispondono a quelle dei tanto inverosimili quanto comicamente veri personaggi delle operette da me più amate.
Veritas (dal mio punto di vista) è un romanzo a “double face” (come spesso può sembrarci la verità stessa, benché essa sia sempre e soltanto una).Una faccia è quella che la maggior parte dei fortunati lettori di Veritas conosce, dove i nomi degli “studenti poveri” e dei comprimari non hanno un’importanza o significato particolare per chi non si è mai occupato di operette. L’altra faccia è quella più ricca, più completa e più “ vera” del romanzo, dove i nomi e le battute vanno a deliziare le orecchie dei lettori che abbiano saputo coltivare un certo interesse, con un pizzico d’amore, per le operette viennesi più famose.
Concludendo, mi sono chiesta: è meglio vedersi prima le operette e dopo leggere Veritas o il contrario? È solo questione di gusti e di preferenze “musicali”. L’unica cosa veramente importante secondo me è leggere Veritas prima dei due altri romanzi della stessa serie, Imprimatur e Secretum. Malgrado infatti Veritas sia il terzo in ordine di uscita, va letto per primo: io ho fatto così e lo consiglio a tutti. Imprimatur e Secretum sono come dei prequel.
Comunque…entrambe le varianti sono consigliabili per (ri)scoprire, a seconda dei casi, Veritas o l’operetta. L’uno/a cela l’altra/o.
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