
Il poeta Giorgio Caproni (Livorno, 1912 – Roma, 1990)
Letteratura ed ecologia alla maturità 2017. Finalmente il tempo è maturo per parlare di ambiente anche in versi. Non più solo un affare di nicchia – da saggio breve – ma l’ecologia diventa cuore della Prima prova, da tipologia A: analizzare un testo letterario. La penna è quella di Giorgio Caproni. La lirica s’intitola “Versicoli quasi ecologici” ed è contenuta nella raccolta postuma «Res Amissa»
Caproni è un poeta recente, del secolo appena passato. Nacque a Livorno il 7 gennaio 1912, studiò a Genova, ma visse quasi tutta la sua vita a Roma, dove morì nel 1990. Combatté nella Seconda Guerra Mondiale. Passò gran parte della sua vita a insegnare nelle scuole elementari. Collaborò con giornali e riviste scrivendo poesie, saggi, racconti. Tradusse dal francese opere molto importanti, di Proust, Maupassant, Flaubert. E si dedicò persino allo studio della musica.
Interconnessi con la biodiversità

Lamantino, mammifero acquatico delle lagune tropicali
La poesia fu scritta nel 1972. Caproni di certo non venne mai a conoscenza del Global warming, di quanto l’inquinamento ci renda tutti interconnessi eppure nel suo grido scrive: “Non uccidete il mare, la libellula, il vento, non soffocate il lamento (il canto!) del lamantino. Il galagone, il pino: anche di questo è fatto l’uomo”.
L’originalità sta nel aver citato due animali lontani, sconosciuti a molti, come a dire: il tuo problema d’inquinamento sotto casa c’entra con il resto del mondo. Le tue scelte si ripercuotono lontano. E quello che accade lontano si ripercuote su di te.
Tutta la ricchezza animale e vegetale ha valore perché tasselli dell’unico puzzle che fa funzionare il pianeta. Caproni in questo è un antesignano, non esisteva la parola biodiversità, inventata soltanto nel 1992 alla Conferenza delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro, eppure il poeta sa che senza biodiversità l’uomo non vive. Caproni lo dice chiaramente: “Di questo è fatto l’uomo”; del lamantino, mammifero acquatico che pinneggia nelle lagune tropicali e del galagone, scimmietta dai grandi occhi e orecchie, che si arrampica sugli alberi nelle notti africane. Anche loro c’entrano con te. Occorre che la biodiversità sia intatta, se vogliamo che gli ecosistemi funzionino. Se vogliamo che gli ecosistemi ci diano acqua, cibo, aria pulita e clima stabile, allora serve anche il canto del lamantino.
Ecologia, motore e non freno

Il galagone, proscimmia dalle abitudini notturne che vive nelle foreste africane
Nella seconda parte si parla di economia. Anche in questo è anticipatore, senza nulla sapere del Pil verde o dei bilanci di sostenibilità, l’indirizzo del poeta è chiaro: altro che ecologia freno all’economia, come persino tanti ministri brontolano. Caproni scrive: “E chi per profitto vile fulmina un pesce, un fiume, non fatelo cavaliere del lavoro. L’amore finisce dove finisce l’erba e l’acqua muore”
L’autore intuisce che il profitto apparentemente gonfiato di chi inquina, si sgonfia coi costi nel tempo. Coi costi sanitari, coi costi di bonifica, con le diseguaglianze del domani di chi preda le risorse oggi. Che poi diciamolo, non inquinare può voler dire anche risparmiare: chiedetelo alle imprese quando hanno a che fare con l’efficienza energetica, l’efficienza idrica e col riuso dei materiali.
I versi finali ci avvertono, l’ecologia è solo una nostra convenienza perché con l’uomo o senza l’uomo la Terra continuerà benissimo da sola: “Come potrebbe tornare a essere bella, scomparso l’uomo, la terra”. In ballo c’è la nostra responsabilità: conservare per le generazioni future tutta la bellezza che abbiamo tra le mani.
Di seguito il testo completo della poesia “Versicoli ecologici”
Non uccidete il mare,
la libellula, il vento.
Non soffocate il lamento
(il canto!) del lamantino.
Il galagone, il pino:
anche di questo è fatto
l’uomo. E chi per profitto vile
fulmina un pesce, un fiume,
non fatelo cavaliere
del lavoro. L’amore finisce dove finisce l’erba
e l’acqua muore. Dove
sparendo la foresta
e l’aria verde, chi resta
sospira nel sempre più vasto
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