Le immagini in diretta da Pretoria, Sud Africa, delle persone accorse numerose davanti alla casa di Mandela, appena appresa la triste notizia, sono forse l’emblema più significativo di quello che ha rappresentato Nelson Rolihlahla Mandela, non solo per il suo paese, ma per tutto il mondo intero. Questi fotogrammi sono molto toccanti. La gente locale esprime per strada il proprio dolore per la scomparsa di un familiare caro come prevede la tradizione con canti e danze che l’accompagnano nell’ultimo cammino. Il profondo rispetto dei sudafricani in fila davanti agli edifici governativi, dove è stata allestita la camera ardente, per poter rendere l’ultimo omaggio ad un grande è qualcosa di incredibile. Potrà sembrare un ossimoro ma la solennità sembra andare di pari passo con la spontaneità e la tradizione.Sono istanti di grande commozione generale. La settimana che si è conclusa con le pubbliche esequie ha rappresentato un evento mondiale che entrerà di diritto nella storia.
Tutta la comunità mondiale si è stretta in un unico grande abbraccio e ha ricordatociò che Mandela ha rappresentato per ognuno. Scrittori del calibro del premio Nobel NadineGordimer e politici si sono alternati nel comunicare il proprio ricordo o la propria esperienza di vita accanto a Mandela. “Aver vissuto-ha scritto sul New Yorker l’autrice sudafricana- nello stesso periodo e nello stesso paese di Nelson Mandela è stato un privilegio per tutti noi sudafricani”. Per Morgan Freeman, che ha interpretato Mandela nel film Invictus, Nelson Mandela “è stato uno dei più grandi uomini che siano mai vissuti”. “ Abbiamo- ha continuato Freeman-perso uno dei veri giganti del secolo scorso”. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, non ha aspettato un istante per comunicare apertamente quanto sia stata importante per la sua vita la figura di Mandela. ”Abbiamo perso uno degli uomini più coraggiosi e influenti dell’umanità” ha riferito alla stampa il capo della Casa Bianca. “Non posso immaginare la mia vita senza l’esempio di Mandela” ha proseguito Obama con la voce provata e l’aria sommessa. Anche il Segretario Generale dell’ONU, BanKi Moon, ha espresso il suo cordoglio, dicendo che “è stato un gigante per la giustizia”. “Ha dimostrato- ha riferito Bill Clinton- che un grande cuore è meglio di una mente chiusa e che le vittorie reali della vita devono essere condivise”.
Parlando di Nelson Mandela non si capisce bene dove finisca la storia ed inizi la leggenda. Un uomo, sicuramente non comune, che ha avuto tre-quattro vite, quella prima dell’arresto, caratterizzata dall’attivismo politico e dalle prime battaglie per combattere l’ingiustizia, la seconda, la più dura in assoluto, quella della lunga permanenza in carcere, la terza quella della rinascita e della ricostruzione di una nazione ridotta ai minimi termini, dilaniata da un pesante conflitto sociale e da una forte ed opprimente ingiustizia tra una piccola percentuale della popolazione ricchissima e una larga fetta che vive in condizioni di povertà quasi assoluta, un paese segnato da una complicata contraddizione tra la disponibilità di materie prime( oro e diamanti solo per citarne alcune) e l’indigenza. Per non parlare poi della quarta, quella iniziata al termine del mandato presidenziale nel 1999, teoricamente destinata alla vita privata e familiare, praticamente contraddistinta dalla lotta ad un altro male che affligge il Sud Africa, l’HIV.
Sicuramente l’eredità, non solo quella materiale che è ben consistente( basta considerare i diritti d’autore provenienti dalla vendita dell’autobiografia e delle magliette con il numero di carcerazione di Mandela), ma soprattutto spirituale e morale, lasciata dall’Icona della lotta all’apartheid, come è stato definito da molti giornali mondiali, è enorme e pesante. Al momento sembra che l’eredità materiale si aggiri sui 10 milioni di euro, mentre quella più importante ha un valore inestimabile. La paura è che sul nome di Mandela e sul suo lascito si generino lotte fratricide che portano ad un ulteriore inutile spargimento di sangue. Purtroppo tali preoccupazioni sembrano essere già confermate dall’articolo del Corriere della Sera del 8 dicembre 2013, che rileva che “almeno tre clan si fronteggiano per accaparrarsi i profitti generati dall’ultimo mito del Novecento”. Lorenzo Simoncelli sull’Espresso del 6 dicembre parla di “una lotta che ha minato, forse irreparabilmente, le relazioni tra i vari membri di una grande e complessa tribù”.
Ho deciso volutamente di scrivere quando l’effetto mediatico è finito, perché da una parte mi sembrava doveroso rendere omaggio ad un grande come Mandela e da altre parte ho ritenuto che fosse giusto non far spegnere completamente i riflettori anche sulle problematiche che rimangono. Grazie Madiba per aver tentato di lasciare un mondo migliore.
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