COP25, Madrid (dai nostri inviati) – Una settimana di discussioni con un ritmo lento, non certo quello che merita una transizione urgente. Questo quanto si evince al termine del settimo giorno di negoziati. “È il ritmo tipico di questi negoziati – dice ai nostri microfoni Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia di WWF Italia, per il tradizionale “riepologone” di COP. “La prima settimana va sempre tutto molto a rilento, poi improvvisamente sembra che non si raggiungerà mai un accordo su nulla, e infine – nei casi migliori – si raggiungono accordi. Si tratta di strategia negoziale”, continua Midulla. Certo ci spiega che si sono affacciate difficoltà anche sul piano tecnico: il Brasile (e non solo) sta tentando di portarsi dietro tutti i crediti dei progetti di compensazione guadagnati dal protocollo di Kyoto. E questo è uno dei punti che rimangono aperti da Katowice, dell’articolo 6 del rule book. La maggior parte dei progetti realizzati in passato, infatti, non erano addizionali, occorreva attuare progetti per portare a compimento uno sforzo speciale rispetto al taglio delle emissioni e non certo portare vantaggi alle aziende. Lo stato di Bolsonaro, ma anche altri, come Cina e India, stanno tentando di rendere validi vecchi crediti guadagnando così un “doppio conteggio”. Ma manca una regolamentazione a tutto questo e la discussione è ancora in corso.

L’altra questione rimasta aperta è quella legata agli aspetti del “loss and damage” soprattutto per quanto riguarda i meccanismi di assicurazione rispetto agli impatti ambientali degli eventi climatici. Ma si sta ancora temporeggiando per la formalizzazione dell’impegno economico dei vari Paesi.
Altra importante importante è quella legata all’impegno al riesame degli NDC’s, ossia i propositi di ciascun Paese a limitare l’aumento delle temperature a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali. Ed è fondamentale che sia esplicitamente presente anche e soprattutto in previsione di Glasgow 2020.
Da chiarire è ancora il periodo di validità dell’accordo di Parigi. La necessità è che i tempi tra una validità e i vari riesami siano molto brevi per poter consentire di alzare sempre più l’asticella in relazione alle necessità di volta in volta evidenziate dalla comunità scientifica. Mentre adesso il piano previsto dall’Europa ha una validità di 10 anni al termine dei quali ci si troverà in una condizione con esigenze totalmente differenti.
Allo stato attuale, le temperature sono già, purtroppo, aumentate di 1,1 °C, l’obiettivo è ancora raggiungibile, ma rimanere entro 1,5 °C di aumento se si quintuplica la velocità degli sforzi. Questi sforzi non sono ancora evidenti e non lo sono perché esistono realtà che hanno tutto l’interesse nel ritardare questi impegni.
“La transizione avverrà, questo non è più in discussione – continua la referente WWF – ciò su cui si è meno ottimisti è la nostra capacità di evitare effetti devastanti sul clima e questo dipende solo dalla velocità che impiegheremo. Come ha detto Lord Stern, noi dobbiamo ‘evitare l’inimmaginabile e affrontare l’inevitabile‘”, conclude Mariagrazia Midulla.

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