#noneunopinione #keepracismout #maipiurazzismo
“L’apparenza inganna, non è sufficiente un incontro per conoscere una persona, spesso ci vogliono anni”. Questa è una citazione di uno dei ragazzi della Quarta P del liceo G. Alessi di Perugia postata sul nostro Padlet, cioè un muro virtuale che è stato il luogo dove è stato affrontato il tema dell’inclusione e dell’esclusione a partire dal nostro atteggiamento quotidiano. La classe, durante il mese di marzo, ha iniziato questo percorso di studio e di riflessione riguardo il tema sopra citato, in particolare, i ragazzi, coinvolti nel progetto “Il razzismo non è un’opinione” hanno fatto delle ricerche partendo proprio dal loro modo di relazionarsi all’interno della piccola comunità della classe.
“La tua classe è inclusiva? È divisa in gruppi esclusivi? Tu frequenti sempre le stesse persone? Ti ritieni una persona con una mente inclusiva? Appartieni ad un gruppo? Se si è un gruppo aperto? Ti sei mai sentito escluso dal gruppo?”
Queste erano alcune delle domande a cui i ragazzi hanno dato risposta. L’obiettivo era quello di riflettere su quali fossero i principali ostacoli per il raggiungimento di una vera inclusione. Inizialmente gli studenti hanno focalizzato la loro attenzione nell’evidente divisione in gruppi che si verifica in qualsiasi ambiente ed hanno cercato di trovare una spiegazione.
Perché quindi l’essere umano tende spontaneamente a chiudersi e a frequentare un numero limitato di persone? La risposta è semplice: l’essere umano ha paura di ricevere un rifiuto nel tentativo di entrare in nuova comunità, ovvero che gli altri non ricambino lo stesso desiderio di scoperta. Dai contenuti presenti nel Pdlet si capisce come per la maggior parte degli studenti della classe sia più comodo rimanere nella propria comfort zone piuttosto che spingersi verso la conoscenza di persone con una personalità totalmente differente dalla propria. È emerso che relazionarsi con nuove persone richiede un dispendio enorme di energia. Infatti, quando si sta con un gruppo nuovo di persone è più difficile “lasciarsi andare”. Però emerge anche che stare sempre con le stesse persone non fa bene: frenala crescita personale in quanto limita scambi di idee. Posso considerare che, ciò che frena i rapporti di inclusione sia la formalità a cui si è stati abituati fin dalla nascita e da cui la nostra società è caratterizzata. La formalità non permette di mostrare subito ciò che realmente un individuo sente e pensa, ed è un freno alla voglia di conoscere che per natura ci caratterizza. In conclusione, ciò che emerge dal Padlet della classe è che essere inclusivi è un reale desiderio di tutti, perché rende più dinamici, aperti a nuove culture e porta grandi benefici sia direttamente che indirettamente. Ci sono però dei problemi insiti nelle nostre abitudini educative e di natura psicologica che frenano tutto questo è su cui dobbiamo lavorare!
https://padlet.com/annalisa_persichetti/qx6osrra0pnt1id6
Nel link qui sotto un altro PADLET utile per una riflessione sul tema delle dinamiche migratorie, prodotto dalla classe 4P del Liceo Scientifico G.Alessi di Perugiahttps://padlet.com/annalisa_persichetti/7b5udtu4z9u5
Sofia Stopponi, 4P Liceo Scientifico G. Alessi Perugia
Facebook Comments