
Giovanni Mazzitelli, fisico INFN
Fisica ed Economia.
Ritengo che da qualche tempo si alimenti e rafforzi uno stereotipo o meglio un luogo comune per il quale è largamente diffusa la convinzione che possa esistere in natura uno sviluppo sostenibile. Vorrei qui approfondire il significato di sviluppo sostenibile[1] e in generale di sostenibilità cavalcando questo equivoco, poiché spesso ci dimentichiamo della definizione di G. H. Brundtland, “Lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali” e crediamo invece che possa esistere un modo per poter lasciare in eredità il nostro pianeta alle generazioni successive, così come noi lo abbiamo trovato. Questo non è possibile, proprio per i principi primi della fisica e della termodinamica.
Andiamo con ordine. Volendo semplificare il problema, da una parte abbiamo la termodinamica, quella parte della fisica che si occupa delle trasformazioni macroscopiche tra massa, energia e lavoro, dall’altra l’economia che utilizza materia, energia e lavoro per creare una crescita infinita di ricchezza, motore di sviluppo sociale.
La prima, la termodinamica, è il risultato della nostra comprensione della natura, quindi dell’ambiente[2], e definisce chiaramente le regole del gioco[3], note come i principi della termodinamica, il cui contenuto ai nostri fini può essere riassunto nei seguenti concetti: nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma; è impossibile in natura realizzare un processo spontaneamente reversibile, ogni trasformazione porta a un degrado costante delle risorse – massa ed energia – che entrano nel processo. La misura di questa tassa da pagare è detta entropia[4], che possiamo quindi considerare anche come una misura delle scorie[5] della trasformazione; i processi non spontanei o reversibili oltre a produrre entropia, hanno anche bisogno di lavoro per poter accadere; è quindi impossibile realizzare un processo che sia efficiente al 100%.
Da ciò dovrebbe essere chiaro l’equivoco in cui viviamo ritenendo che la sostenibilità possa permettere realmente all’uomo di vivere lasciando il nostro pianeta come l’abbiamo trovato. Inoltre, efficienza e irreversibilità ci suggeriscono che per quanto possiamo essere tecnicamente bravi a realizzare un processo sulla Terra, non saremo mai perfetti e quell’imperfezione non è altro che il nostro inquinamento del pianeta. In realtà la Terra non è un sistema isolato: può scambiare energia – solare – permettendoci di tradire in parte il primo principio della termodinamica. La flora, la fauna e tutti gli esseri viventi si nutrono di questa energia, cosi come ogni forma di energia accumulata sul nostro pianeta, legna, olio di balena, vento, acqua, forza dei cavalli e dell’uomo, idrocarburi, ecc. non sono altro che il frutto dell’energia del Sole. Ma se da una parte possiamo imparare, come stiamo facendo[6], ad usare l’energia del sole senza bruciare rapidamente[7] ciò che il sole stesso ha prodotto in milioni di anni, non saremo mai in grado di non produrre scorie, risultato della termodinamica e delle trasformazioni necessarie per la nostra società, che non potranno mai più rientrare nel ciclo produttivo[8]. Non risolvono inoltre il problema, anche se di grande aiuto, processi di riciclo o recupero. Anche questi sono processi termodinamici i cui risultati in parte saranno nuove scorie non più utilizzabili. Quindi, ogni nostro sforzo non sarà mai in grado di violare la termodinamica e inoltre molte trasformazioni ci conducono nello spazio abiotico, in altre parole, dove non può esistere la vita[9].
Ecco quindi spiegati il paradosso e l’equivoco tecnologico in cui viviamo e in cui l’attuale sviluppo economico ci costringe.
Questi concetti sono stati formalizzati per la prima volta negli anni sessanta con il lavoro dall’economista Nicholas Georgescu-Roegen[10] il quale ha cercato di legare economia e fisica attraverso il quarto principio delle termidinamica, base della bioeconomia[11]: materia ed energia entrano nel processo economico con un grado di entropia relativamente bassa e ne escono con un’entropia più alta. Ma, sorprende che ancora oggi nessuno ne tenga adeguatamente conto nella teoria economica. Ogni economia in crescita non può far altro che basarsi su nuovi servizi e prodotti, frutto di trasformazioni che, per quanto efficienti possano essere, distruggeranno l’ecosistema di risorse finite nel quale viviamo. New deal, green economy, circolar economy, ecc.[12] non tradiscono questo obiettivo di crescita ponendoci quindi di fronte alla domanda se l’economia stia effettivamente rispondendo nel modo migliore ai bisogni della società.
Benché l’uomo sia l’unica specie sulla Terra capace di apprendere e tramandare le proprie esperienze, di sviluppare tecnologia costruendo macchine per rispondere ai propri bisogni, non può tradire le regole della natura, sia della fisica, che dell’evoluzione. In natura non esiste alcun processo che sia realmente sostenibile, esistono solo le risorse naturali, la collaborazione e la competizione fra gli esseri viventi, causa di evoluzione o estinzione.
Forse dovremmo domandarci perché l’uomo, li dove non fa guerre, usi l’economia come strumento di competizione piuttosto che di collaborazione, fine per il quale l’economia stessa è stata creata, e cercare quindi un nuovo modello di sviluppo che rispetti maggiormente gli esseri viventi e l’ambiente.
note
[1] Sviluppo sostenibile in Economia: “Lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali”, Rapporto Brundtland, 1987.
[2] N.B. alcuni termini usati in questo testo hanno un significato ben più profondo e preciso in termodinamica, così come nulla a che vedere in quanto segue con una trattazione scientifica di tale materia, volendone divulgare qui soltanto il suo impatto sociale ed economico.
[3] Testi consigliati: Le regole del gioco, P. W. Atkins, Zanichelli, 2010, ISBN: 8808061450; Termodinamica, E. Fermi, Bollati Boringhieri, 1977, ISBN: 8833951820
[4] Enunciato del secondo principio della termodinamica: l’entropia dell’universo – sistema + ambiente – aumenta in ogni trasformazione spontanea.
[5] Qui ci riferiamo al concetto di scoria sia in termini propriamente termodinamici, in cui lo scambio termico non è più in grado di produrre energia efficientemente, sia in termini di materia il cui stato non è più utile alla società. Si noti che la materia utile per la società è caratterizzata da una bassa entropia: noi estraiamo rame, silicio, ecc. dalle cave, li fondiamo e/o lavoriamo per trasformarli da amorfi e contaminati a materiali puri, ovvero, con minore entropia.
[6] Forse dovremmo farlo con più cura… http://www.giornalistinellerba.it/2016/05/30/capitalismo-verde/
[7] I combustibili fossili sono il risultato di milioni di anni di trasformazioni: un bicchiere di benzina – ovvero l’energia di 1kWh – è tipicamente bruciato in un’automobile qualche minuto per percorrere 2/3 km e corrisponde a 5 ore del lavoro manuale di un uomo.
[8] Due esempi: possiamo sequestrare la CO2, ma non siamo in grado di usare la CO2 come carburante per le nostre automobile, cosi come non siamo più in grado di usare il calore residuo delle scorie nucleari per produrre nuova energia…
[9] Entrambi gli esempi della nota precedente conducono ad uno spazio abiotico, cosi come la produzione e smaltimento di pannelli solari… si veda A. R. Romeiro, H.N. Sá Earp, The Entropy Law and the impossibility of perpetual economic growth, arXiv:1309.2274v1 [physics.soc-ph]
[10] Testo consigliato: N. G. Roegen – Bioeconomia. Verso un’altra economia ecologicamente e socialmente sostenibile, Bollati Boringhieri, 2003, ISBN: 8833914674. https://en.wikipedia.org/wiki/Nicholas_Georgescu-Roegen
[11] da non confondere con la strategia europea denominata bioeconomia (http://europa.eu/rapid/press-release_IP-12-124_it.htm). Roegen di fatto cerca di dare basi scientifiche all’economia e alla crescita che rispettino la vita. Nelle sue conclusioni getta le basi della decrescita (Breve trattato sulla decrescita serena, S. Latouche, Bollati Boringhieri, 2008, ISBN: 8833918696) e della differenziazione fra beni e merci.
[12] Si consiglia la lettura di due visioni opposte: Environmental Debt, Nature Means Business, A. Larkin, St. Martin’s Press, 2013; L’impossibile capitalismo verde. Il riscaldamento climatico e le ragioni dell’eco-socialismo, D. Tanuro, Alegre, 2010, ISBN: 8889772441.
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