“La mafia fa le stragi e comincia a perdere, la ‘ndrangheta fa le collusioni e continua a essere presente in maniera oppressiva e ossessiva.”

Lamezia Terme (dalla nostra inviata Manuela Tugliani) – L’affermazione di Lino Morgante, dalla Gazzetta del Sud, introduce nel dibattito aperto dal giornalista Gaetano Savatteri al festival di Trame, riguardo alla visione che il mondo ha della Calabria. Sembra infatti che non goda di buona stampa e quindi non venga appoggiata nello stesso modo della Sicilia, rappresentata da Marco Romano del Giornale della Sicilia in questa ottava edizione.
Morgante ha poi fatto una distinzione tra metodi criminali. Quelli mafiosi sono molto più plateali rispetto a quelli della ndrangheta: le stragi di Falcone e Borsellino in Sicilia hanno dato l’allarme alla popolazione che ha deciso di iniziare ad attivarsi. La situazione in Calabria invece è andata degradandosi senza che nessuno se ne accorgesse.
La ndrangheta da questo punto di vista ha la capacità di insediarsi in modo molto meno evidente, pur essendo ugualmente dannosa. Per questo motivo mentre la mafia, con le sue stragi, “ha da sola firmato la sua condanna a morte, che, in realtà, è ancora un’agonia” dice il direttore della Gazzetta, la ‘ndrangheta “continua a mantenere una certa stabilità sul suo territorio”.
Inoltre un fattore molto rilevante che ha determinato il ritardo della Calabria rispetto alla Sicilia nella lotta alla criminalità organizzata sta nella differente organizzazione delle due mafie: quella siciliana è, a detta di Morgante, verticistica e quindi è più semplice avere dei pentiti; invece quella calabrese è basata sulla familiarità, pertanto infiltrarsi in ambienti che sono legati da vincoli di sangue è complicato.
Sembra essere il tipico caso in cui “l’apparenza inganna”: mentre la mafia allarmava il mondo con la sua brutalità, la ‘ndrangheta, all’apparenza meno preoccupante, stabiliva saldi legami con la politica e le amministrazioni.

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