Quando si parla di SDGs (Sustainable Development Goals), i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (nell’immagine), non si fa riferimento ad un unico settore o ad una singola scelta fatta dal mondo politico.
Rappresentano piuttosto una strategia che, abbracciando la componente sociale, economica ed ambientale, traccia una strada di breve ma, soprattutto, di medio e lungo periodo.
La lotta alla povertà, la sfida della fame zero nel mondo, il contrasto ai cambiamenti climatici ed alla perdita di biodiversità, sono solo alcuni degli obiettivi che l’ONU ha posto al centro del dibattito internazionale. Obiettivi, meglio conosciuti in Italia con il nome di Agenda 2030, che forniscono target chiari da raggiungere entro il 2030.
Ma come si sta comportando l’Italia in materia di Sviluppo Sostenibile?
La risposta, poco confortante, ci arriva dal rapporto presentato dall’ASviS (l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile che annovera tra le sue file più di 170 organizzazioni) davanti ad un folto gruppo di giornalisti ed esponenti politici presso l’Aula dei Gruppi Parlamentari. Con la partecipazione di Marina Sereni (Vice Presidente della Camera) e Pier Carlo Padoan (Ministro dell’Economia e delle Finanze), è stato Enrico Giovannini (Portavoce dell’ASviS), introdotto da Pierluigi Stefanini (Presidente ASviS), a fare il punto sulla situazione italiana.
Ed il messaggio è chiaro: l’Italia non è su un sentiero di sviluppo sostenibile, è in forte ritardo sia per i target al 2030 che per quelli intermedi al 2020, e da sola la crescita economica non basta a far aumentare il benessere (parola spesso pronunciata durante gli interventi, cuore pulsante dell’Agenda) collettivo.
I risultati del report dimostrano come il nostro Paese sia indietro su povertà, disoccupazione, disuguaglianza e degrado ambientale. Lontani dagli obiettivi preposti, pure quei settori che registrano un miglioramento rispetto al passato: educazione, salute e alimentazione.
Di questi aspetti e del’importanza dell’educazione allo Sviluppo Sostenibile, ne ha parlato ai nostri microfoni proprio Giovannini (video).
Inoltre, l’Italia è in forte ritardo nell’adozione delle strategie fondamentali per la lotta ai cambiamenti climatici, per la sicurezza energetica e per la diffusione delle buone pratiche legate all’economia circolare.
Ad aprire il dibattito è stata la “padrona di casa” Marina Sereni che, durante il suo saluto alla sala, ha sottolineato come l’Italia abbia comunque portato avanti in questi anni alcune politiche di carattere ambientale quali il “collegato ambientale, l’istituzione del BES (indicatore attualmente in fase sperimentale con l’obiettivo di integrare nel PIL variazioni di carattere ambientale e sociale) e la definizione del catalogo dei sussidi positivi e negativi per l’ambiente”.
E proprio sui sussidi, Giovannini, ha tenuto ad evidenziare che nonostante il catalogo fosse un passo avanti, non lo è certamente quello che ne emerge: in Italia i sussidi favorevoli all’ambiente ammontano a 15 miliardi di euro l’anno, mentre quelli negativi a 16. “C’è qualcosa che non va”, ha sentenziato.
Giovannini che ha espresso considerazioni di carattere generale – “Le società devono essere proiettate al futuro e non orientate al passato. Gli SDGs nel mondo sono ormai un fenomeno reale, una nuova lingua franca: dici un numero e le persone associano l’obiettivo”. – Per poi passare all’Accordo di Parigi, all’Italia e ad un’Europa ormai rinunciataria per il ruolo di leader nello sviluppo – “Anche l’importante Accordo di Parigi è parte integrante di questa Agenda (obiettivo 13). Ed è vero, l’uscita degli USA da quell’Accordo ha determinato delle tensioni, ma gli altri Paesi e le imprese, che hanno fiutato le opportunità di business, stanno andando avanti. In passato l’Europa è stata il centro dello Sviluppo Sostenibile puntando con forza sugli SDGs nella cooperazione internazionale, ma paradossalmente adesso non li applica a se stessa. Così si lascia inevitabilmente lo scettro dello sviluppo alla Cina che, invece, investe sempre di più in sostenibilità. La Commissione Europea deve mettere al centro del dibattito l’Agenda e l’Italia, pur facendo dei passi avanti, è ancora troppo lontana dagli obiettivi. Ha bisogno di una visione strategica ed è questo il momento opportuno per discuterne”.
A Giovannini ha quindi replicato Padoan che, dopo aver anche lui elencato alcuni progressi compiuti dall’Italia (è stato citato il Piano Nazionale Impresa 4.0), ha ricordato: “Seppure il rapporto è un contributo notevole dal punto di vista analitico e di policy, tutto deve essere inserito all’interno del sentiero del rigore e dei vincoli di bilancio”.
L’ASviS ha concluso il suo evento mettendo in campo una serie di proposte, da fare subito, capaci di rimettere l’Italia sui binari della sostenibilità. Proposte come la trasformazione del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) nel “Comitato Interministeriale per lo Sviluppo Sostenibile“, come l’adozione della Strategia Energetica Nazionale e della Strategia per l’Economia Circolare, come l’applicazione del disegno di legge sul “consumo del suolo” e l’adozione del Piano Nazionale per l’adattamento ai Cambiamenti Climatici. Senza dimenticare il contrasto alle disuguaglianze attraverso il potenziamento del reddito di inclusione e il sostegno alla ricerca quale motore dell’innovazione nazionale.
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