Internet è negli ultimi 15 anni indubbiamente diventato una piazza, un luogo d’incontro sconfinato e aperto a tutto e tutti. È diventato un vero e proprio raccoglitore della società e dei membri che la compongono, in cui il bagaglio che i vari individui portano con sé viene anch’esso trasferito su Internet. Come sappiamo il contenuto di questo bagaglio è vario: raccoglie il meglio e il peggio di ognuno di noi. A differenza della vita reale, in cui il contegno, il pudore e altre imposizioni limitano i nostri istinti nella razionalità, Internet non ha dei paletti. Ci sono delle zone controllate più o meno bene, ma molte altre che risultano invece essere sconfinate, inarrivabili a qualsiasi forma di controllo.

È in questi luoghi esenti da leggi umane e divine che spesso gli istinti d’odio, di cui tratta nello specifico questo articolo, sfuggono al controllo a cui nella vita reale sarebbero sottoposti. E sia chiaro, non si parla di Deep Web o altre inaccessibili piattaforme, bensì di social network e affini con cui ci interfacciamo tutti i giorni.

Gli argomenti d’odio sono i soliti: la discriminazione razziale, di genere, lo scherno sulla base di canoni estetici poco inclusivi. Ma non è questo il punto. Il punto è in realtà il fatto che Internet abbia dato la possibilità a comunità discriminatorie di formarsi al di fuori di contesti, quali la vita reale, in cui normalmente non si sarebbero formate. Un esempio è la comunità RedPill, un’estesa cerchia di individui maschili che, a causa di delusioni sentimentali e personali, si è raccolta grazie all’anonimato su Internet e ha dato vita ad un vero e proprio popolo di misogini. Una comunità simile nella realtà non sarebbe mai potuta nascere, poiché eventuali membri avrebbero dovuto dare il proprio volto alle deludenti vicende raccontate all’interno di questi forum; l’anonimato di Internet ha tolto questo vincolo. Misogini a parte, Internet ha comunque dato più spazi a realtà discriminatorie preesistenti che hanno potuto quindi espandere il loro campo d’azione e reclutamento. Esempi noti sono i gruppi di neofascisti e neonazisti, che in Telegram hanno trovato la loro nuova sede, o, come massimo esempio, l’Isis, il sedicente Stato Islamico che ha fatto di Internet il suo messaggero e la sua principale fonte di reclutamento e rivendicazione di attentati.

Come Internet è pressoché infinito, anche le soluzioni a queste problematiche lo sono: si parla di un corpo internazionale di polizia informatica come della limitazione di alcune aree diInternet. La vera soluzione è però un’altra, e come molte altre soluzioni parte dall’alto. È infatti necessario un vero interesse da parte delle autorità, quantomeno occidentali, a prendere una posizione più solida e concreta sul web. Si tratta di un non-luogo sconfinato che ormai esiste da praticamente 30 anni, è inconcepibile che in 30 anni ci sia sempre trovati ad inseguire invece che ad anticipare per scarsità di mezzi, personale e cooperazione. Quantomeno nel piccolo. Ci sarà sempre qualcuno di più furbo e scaltro che saprà aggirare un paletto, ma gli episodi più frequenti non sono gli attacchi hacker a piattaforme sensibili, bensì il furto dei dati dell’account Facebook di una ragazza, l’accanirsi in massa contro gli immigrati su Instagram, cose sicuramente più semplici e comuni che paradossalmente non vengono sufficientemente seguite.

Giulio Bonaca 4P Alessi 

Facebook Comments

Post a comment