Non appare positiva la situazione legata all’integrazione dei diritti umani nel testo che verrà partorito da questa COP25. In particolare sono 3 le questioni aperte: quelle legate all’Articolo 6, del rulebook che renderà operativo il Paris Agreement, il Meccanismo di Varsavia per il Loss and Damage e infine il Gender Action Plan.
Diritti Umani e crisi climatica
“Il motivo per cui è importante integrare i principi legati ai diritti umani nell’Articolo 6 è perché il precedente meccanismo, Clean Development Mechanism (CDM) del Kyoto protocols, non ha portato ai risultati sperati” spiega Chiara Soletti, policy advisor di Italian Climate Network.
“Troppo spesso infatti non si sono considerati gli impatti sociali dei progetti finanziati per le riduzioni delle emissioni. Un ambito eclatante è quello dell’idroelettrico. Le imponenti opere realizzate non hanno tenuto conto degli impatti sociali sulle popolazioni locali, con conseguenze estremamente negative. Per evitare gli errori del passato la società civile ha cercato in questi anni – e in particolare in questa COP – che i principi umani fossero inseriti nel testo, in modo da definire meglio come attuare i carbon markets, assicurando che non ci fossero ricadute negative in ambito sociale” conclude la referente di Italian Climate Network.
Purtroppo quello che si teme in queste ore, mentre si attendono le reazioni dopo le prime analisi della bozza arrivata questa mattina, è che tutti i riferimenti ai diritti umani siano tolti dal testo e lasciati solo nel preambolo, una parte del testo che non è vincolante .
Loss & Damage
Altro nervo scoperto di questa COP riguarda Meccanismo Internazionale di Varsavia per il Loss and Damage. Si tratta del sistema di compensazioni in termini economici e di risorse tecniche istituito nel 2013 a COP19. “Il meccanismo è stato creato per sostenere quei paesi che sono più esposti alle conseguenze dei cambiamenti climatici e che hanno anche meno contribuito, in termini di emissioni, alla creazione del problema” continua Chiara Soletti. “I Paesi sviluppati hanno problemi ad aprire una discussione riguardo le responsabilità storiche dei cambiamenti climatici, non solo perché sono i principali contributori, ma anche per ragioni politiche legate al periodo coloniale. Avviare un discorso di responsabilità storiche potrebbe aprire una pericolosa linea di credito verso questi paesi”.
Per questo motivo la società civile ha accolto con grande disappunto la rimozione nel testo dell’articolo 8 del Meccanismo di Varsavia. C’è una menzione di importanza di determinati gruppi sociali ma non c’è nessuna menzione ai diritti umani. Ancora una volta si rischia che finisca nel preambolo.
GAP
Ultimo punto dolente per quanto riguarda i diritti umani è la definizione del Gender Action Plan (GAP). Il piano d’azione di genere è un programma di lavoro per garantire la partecipazione delle donne di tutto il mondo all’interno delle azioni previste dall’UNFCCC. “È importante sottolineare questo punto – spiega l’esperta di diritti umani per l’Italia di questi negoziati – è necessario inserire principi legati ai diritti umani in questo piano perché rendono concreto e definiscono come dovrebbe essere attuato nella realtà un trattato internazionale”.
La società civile non è affatto soddisfatta della via intrapresa in questi negoziati. Molti sono stati i passi indietro fatti. Se tutto effettivamente dovesse rimanere invariato, l’unica speranza sarebbe quella rilanciare l’innalzamento degli obiettivi il prossimo anno. “Nel 2020 ci saranno le celebrazioni del 25° anniversario della dichiarazione e della piattaforma d’azione di Pechino, il trattato a tutela dei diritti delle donne, e si spera possa fare da cassa di risonanza e riportare all’attenzione internazionale il tema per così arrivare a un risultato molto più concreto per il prossimo anno”.

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