La fast fashion dilaga nell’economia come un virus per il pianeta

L’era che viviamo è frenetica, siamo sovraccaricati di impulsi e pretendiamo l’immediatezza. Questo ha rappresentato il trampolino di lancio per una delle principali cause di inquinamento ambientale: la Fast Fashion.

Questo modo di fare moda nasce dalle crescenti esigenze di mercato che permettono di ottenere tutto e subito e che impongono una produzione sfrenata. A scapito di qualità, durabilità e sostenibilità moltissimi marchi dell’industria della moda hanno abbracciato questo modello di produzione.

In nome del profitto si scelgono materiali a bassissimo costo ma con un impatto ambientale e salutare -per chi ci lavora- molto grande. L’uso intensivo di sostanze chimiche tossiche e processi ad alta intensità energetica contribuiscono al rilascio di gas a effetto serra, all’inquinamento delle acque e alla distruzione di habitat naturali. Inoltre, la rapida produzione e il rapido consumo generano una quantità enorme di rifiuti tessili, difficilissimi da smaltire proprio a causa della non degradabilità dei materiali di cui sono composti.

Questo modello crea una crescente quantità di rifiuti tessili e comporta gravi impatti sull’ambiente e sulla salute umana.

© Banko Productions and the World Bank, Bamako, Mali, April 2021.

Il riciclaggio può rappresentare una soluzione parziale al problema della fast fashion, ma presenta diverse sfide difficoltose. I capi di abbigliamento sono spesso realizzati con una miscela di fibre diverse, rendendo difficile il riciclaggio efficiente.

Non esistono ancora metodi di riciclaggio di abbigliamento che siano accessibili ed efficienti, così per le stesse aziende del settore è più conveniente gettare i capi difettati o i resi che tornano indietro anziché riciclare e dare una nuova vita al capo in questione.

In virtù di questo è ormai noto quanto sia dannoso acquistare capi che alimentano la filiera della fast fashion, e sempre più consumatori, in particolare i più giovani si stanno orientando verso un consumo più consapevole.

Consumo consapevole: giovani, informazione e circolarità

In un contesto di consumo frenetico, i giovani consumatori cercano alternative sostenibili. Grazie alla fruibilità di informazioni, le nuove generazioni si preoccupano sempre di più della sostenibilità, favorendo dei modelli circolari a quelli scelti dalla società dei consumi, spinti dalla preoccupazione per il futuro.

Per quanto riguarda la moda si tratta dell’impulso che hanno dato al mercato dei vestiti usati.

Questo settore ha visto negli ultimi anni una crescita esponenziale: secondo una ricerca condotta da BCG (Boston Consulting Group) e Vestiaire Collective (piattaforma di ‘second hand’), il valore del mercato della rivendita di moda oggi è compreso tra i 100 e i 120 miliardi di dollari in tutto il mondo, ossia più del triplo rispetto al 2020.

Secondo lo studio, il mercato della seconda mano rappresenta già dal 3% al 5% dell’abbigliamento, delle calzature e degli accessori e potrebbe crescere fino al 40%, tanto che si prevede che nel 2023 il 27% degli armadi sarà riempito da capi usati.

Ci sono diversi modi per fare acquisti di abiti di seconda mano: dai Kilo Shop in giro per le città, alle app per telefono, fino ai social.

E poi ci sono i metodi tradizionali, che fanno parte della storia delle nostre abitudini, e che nell’era moderna hanno saputo resistere.

Porta Portese: dal ’45 una tradizione, oggi come scelta di consumo consapevole

È il caso di Porta Portese a Roma, nato nel 1945, situato nel caratteristico Rione Trastevere, lo storico mercato è il più famoso e grande della città. A quasi 100 anni dalla sua nascita offre un immenso assortimento per vendere, acquistare e barattare qualsiasi tipo di oggetto. Grazie alla sua storia e alle persone che lo portano avanti oggi Porta Portese rappresenta una delle più valide soluzioni di economia circolare nella capitale.

Ed è proprio a partire da chi ci lavora che si riconosce la voglia di cambiamento verso un’economia sostenibile. È il caso di ‘Vintage Fren’, uno dei tantissimi banchi di vestiti usati presenti a Porta Portese, che grazie a capi di qualità e una comunicazione social efficace è in grado di offrire una delle più interessanti realtà di moda sostenibile.

Vintage Fren : fare moda sostenibile è possibile

Il banco è capitanato da Francesca Tortiello, una giovane donna che ha compreso e reso il fulcro della sua attività le necessità della sua generazione. Dando nuova vita agli indumenti, offre una possibilità vantaggiosa in termini economici e sociali contro il modello predominante della fast fashion.

Francesca ha dato il via a un esempio perfetto di moda circolare. Il banco infatti, oltre a vendere prodotti pensati per essere duraturi nel tempo, ha creato una vera e propria filiera attorno ad essi. Tra servizi fotografici, informazione, comunicazione e pubblicità sui social, e grande spirito imprenditoriale Vintage Fren è un vero e proprio gioiello di economia sostenibile.

In conclusione, l’unione tra la tradizione di Porta Portese e l’innovazione della moda sostenibile di Vintage Fren dimostra che è possibile coniugare passato e futuro per abbracciare un consumo più consapevole. Attraverso l’ascolto dei bisogni delle nuove generazioni e la promozione di modelli alternativi, è possibile alimentare la domanda di un’etica del consumo, aprendo la strada a una maggiore sostenibilità nel settore moda. Questo piccolo banco rappresenta un esempio prezioso di come tradizioni e innovazione possano unirsi per creare un’economia circolare e responsabile.

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