(articolo da COP22 pubblicato su La Stampa)


img_5451Marrakech, 17 novembre
– “Si fa quel che si deve fare” dice John Kerry citando Churchill alla Conferenza ONU sul clima COP22. “Nelle prossime ore, gli Stati Uniti faranno quel che devono fare”. I negoziati che si stanno svolgendo a Marrakech in questi giorni tra le nazioni di quasi tutto il mondo, i primi dopo l’Accordo di Parigi, sono andati avanti anche sotto l’ombra del “convitato di pietra” Donald Trump. Ma avevano forse bisogno di una carica. Kerry l‘ha portata.

Dopo l’inaspettata e repentina entrata in vigore dell’Accordo di Parigi – bella sorpresa – il mondo ha dovuto fare i conti, a poche ore dall’apertura dei lavori della COP, con un altra sorpresa: l’elezione di un presidente americano negazionista, quel Donald Trump, ormai formalmente “convitato di pietra” per giornalisti, delegati, osservatori, che ha più volte dichiarato in campagna elettorale di non credere alle evidenze scientifiche sui cambiamenti climatici, di sospettare un complotto economico contro gli Stati Uniti, di voler cancellare gli impegni dell’Accordo di Parigi, di voler dirottare altrove le risorse finanziare per le rinnovabili e cancellare quelle per le politiche di adattamento e mitigazione che andrebbero ai Paesi meno sviluppati.

E ha intimato a Obama di non stringere alcun tipo di accordo internazionale. Inevitabile, quindi, che aumentasse l’attesa del discorso di John Kerry, fondamentale per avere qualche indizio su cosa ci si può aspettare da questa conferenza e dalle prossime, visto che gli USA hanno avuto un ruolo fondamentale nella firma del primo accordo globale sul clima e che ora potrebbero girare le spalle facendolo di fatto anche affondare. Gli USA del presidente Obama sono quelli che hanno dato una spinta forte al mondo intero sulle questioni climatiche. Gli USA di Trump potrebbero affossare tutto. Kerry si lancia in uno speech di quasi un’ora fatto di tanti imperativi. Primo, quello sulla necessità di agire, adesso, subito: “Il tempo non è dalla nostra parte”. Trump deve vedere per credere. Basta allora che vada in giro per il mondo. Basta che “ascolti i governi del mondo come quelli di molti stati americani, le imprese, i cittadini, i militari che devono occuparsi della sicurezza, davanti a rischi sempre maggiori per i popoli”. Basta che ascolti il mondo del business, che ha già capito come muoversi. “Trecento sessanta grandi aziende come Hewlett Packard, Kellogg, Starbucks, Levis qui a COP22 oggi chiedono agli Usa di rispettare gli accordi sul clima”.

I negoziati intanto procedono. La Casa Bianca, spiega Kerry, ha presentato a COP22 un piano per una “decarbonizzazione profonda dell’economia degli Stati Uniti entro il 2050 che prevede un taglio dell’ 80% delle emissioni rispetto ai livelli del 2005”. Centoundici pagine di programma “realizzabile, coerente con gli obiettivi a lungo termine dell’accordo di Parigi e un’accelerazione delle tendenze di mercato esistenti” che “richiedono politiche di decarbonizzazione sempre più ambiziose”. “Noi andiamo avanti”, dice il Segretario. “E buona parte degli americani va avanti nella stessa direzione”.

“Questa è la COP dell’azione”, dice Francesco La Camera, direttore generale del Ministero dell’Ambiente e negoziatore italiano. Le discussioni procedono e gli americani a Marrakech tengono fede al dettami di Obama. Lo slancio di Parigi c’è ancora, anche se velato dalla consapevolezza che già dal prossimo G7 gli interlocutori saranno altri. Kerry però rassicura gli “orfani” e nello stesso tempo lancia un messaggio oltreoceano: “Noi ci saremo comunque, continueremo a lavorare insieme alle imprese, al mondo del grande business e della finanza, ai molti stati che, come la California, sono impegnati e al lavoro, insieme ai cittadini, ai tanti americani che sanno quanto tutto questo sia non solo vero, ma urgente e necessario”.

Trump davvero si prenderà la responsabilità di cancellare tutti i risultati della leadership di Obama sul clima? Che farà davvero Trump? “Anche se non posso stare qui a speculare su quali politiche perseguirà il neo presidente, vi dirò questo: nel tempo che ho trascorso nella vita pubblica, una delle cose che ho imparato è che alcuni problemi sembrano un po’ diversi, quando si esce dalla campagna elettorale e si entra nell’ufficio”, dice Kerry.

“L’accordo di Parigi ha avuto il sostegno immediato di tanti paesi al punto di essere entrato in vigore il 4 novembre, quattro giorni prima delle elezioni degli Stati Uniti. E questa COP in Marocco è stata in parte una celebrazione di quel momento storico” continua il Segretario. Nel frattempo, “gli Stati Uniti hanno lavorato a stretto contatto con la Cina lo scorso anno per costruire un sostegno per l’accordo di Parigi, e la partnership dei due più grandi emettitori di gas serra ha contribuito a convincere altri paesi a sostenere l’accordo”. Il nuovo presidente butterà tutto nel cestino?

Già la Cina. Trump, una volta eletto, smentisce di aver dichiarato che il climate change è una bufala cinese per danneggiare gli USA. La Cina, intanto, “ha dichiarato di riuscire a portare avanti le sue promesse per limitare i cambiamenti climatici e ha esortato Trump a riconsiderare la sua posizione”, dice Kerry.

“Come più grande economia sviluppata in tutto il mondo, il supporto degli Stati Uniti è fondamentale – ha dichiarato Liu Zhenmin della delegazione cinese a Marrakesh – Dobbiamo aspettarci che prenderanno una decisione intelligente e saggia”. Nel caso che gli USA uscissero davvero dall’Accordo, però, i cinesi sono sereni: “Una soluzione si troverà, si troverà il modo di farsene carico”. Certo, questo potrà avere anche altre conseguenze. “La credibilità degli Stati Uniti potrebbe essere messa in discussione anche su altri fronti”.

“Ad un certo punto, anche lo scettico più convinto deve riconoscere che qualcosa di inquietante sta accadendo”, continua Kerry. E esorta i paesi del mondo a trattare i cambiamenti climatici come una “minaccia urgente: i ghiacciai si sciolgono, i cicloni sono sempre più frequenti e violenti, le siccità sono da record”. Le conseguenze toccano tutti.

“Per chi è al potere in tutte le nazioni del mondo, compresa la mia, e che possono essere confrontati nelle decisioni su quale strada prendere in questo momento critico, chiedo, a nome di miliardi di persone in tutto il mondo, di vedere voi stessi cosa sta già accadendo e di decidere secondo il vostro interesse, che non potrà essere che l’azione”.

Cinquanta minuti appassionati, convincenti, trainanti. Kerry funziona in modo catartico su Marrakech. Quando finisce di parlarle, l’applauso dura a lungo.

Ecco il commento di Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, a Marrakech per seguire i lavori.

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giornalista professionista, è direttore responsabile di Giornalisti nell'Erba, componente dell'ufficio di presidenza FIMA (Federazione Italiana Media Ambientali) e membro Comitato Scientifico per CNES UNESCO Agenda 2030. Presidente de Il Refuso a.p.s.. In precedenza ha lavorato come giudiziarista per Paese Sera, La Gazzetta e L'Indipendente. Insieme a Gaetano Savatteri ha scritto Premiata ditta servizi segreti (Arbor, 1994). Collabora con La Stampa.

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