27 ottobre 2016 – Presso la sala stampa dell’ENEA è stato presentato “Parigi e oltre“.
Il report dell’ENEA su “gli impegni nazionali sul cambiamento climatico al 2030” scritto con la collaborazione dell’ISPRA e sotto il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, mette in evidenza il ritardo italiano per il raggiungimento degli obiettivi europei al 2030 e vuole essere una guida per i decisori politici nazionali.
All’interno del volume, infatti, vengono individuate le politiche “cost-effective” (in pratica, individuano l’investimento con il miglior rapporto costo/efficacia) in grado di ridurre maggiormente le emissioni (ad esempio l’efficientamento del parco edilizio, la diffusione delle auto elettriche e la revisione del trasporto pubblico locale ecc).
Durante l’evento, Federico Testa (Presidente ENEA) ha parlato dell’Accordo di Parigi sul clima e di come non sia sufficiente per contenere l’aumento medio delle temperature globali nei 2 gradi centigradi. Dalle sue parole si è capito che le emissioni italiane del 2015 non possono certo essere definite virtuose: dopo alcuni anni sono riprese ad aumentare e quindi sono indispensabili delle politiche climatiche/energetiche che ci consentano di centrare gli attuali (dovrebbero essere rivisti al rialzo nel 2020) obiettivi europei del 2030: -40% emissioni gas serra rispetto ai livelli del 1990 (obiettivo ripartito tra i vari Stati, per l’Italia -33%), +27% di efficienza energetica, +27% di energia rinnovabile.
Francesco La Camera, Direttore Generale per lo Sviluppo Sostenibile al Ministero dell’Ambiente che si occupa anche dei negoziati durante le conferenze sul clima, è poi intervenuto dicendo che “il Ministero dell’Economia e Ministero dell’Ambiente stanno lavorando insieme per introdurre nei modelli macroeconomici la variabile ambientale“, “l’Accordo di Parigi è un fatto politico straordinario e ha messo in moto il mondo, i segnali sono positivi e un tassello importante è stato aggiunto con l’aggiornamento del Protocollo di Montreal dei giorni scorsi“.
C’è attesa per il green act, più volte rinviato, da parte del governo Renzi: “arriverà nel 2017 e prevederà anche un fondo per lo sviluppo sostenibile, inoltre l’anno prossimo l’Italia guiderà il G7 e abbiamo voglia di discutere di queste tematiche con gli altri Paesi“.
La Camera ha parlato anche di cooperazione internazionale. Cosa sta facendo l’Italia? (video)
Contributo importante al documento è stato fornito dall’ISPRA che con la messa a punto di uno scenario di riferimento energetico-ambientale in linea con i modelli riconosciuti in campo internazionale, ha evidenziato le lacune italiane al 2030: siamo in forte ritardo. L’Italia è però al passo con gli obiettivi 2020 ed il perché lo spiega Monica Pantaleoni nel seguente video.
L’attuale cambiamento climatico non ha precedenti nella storia degli ultimi 800 mila anni del nostro pianeta in termini di concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica, metano, protossido di azoto, che insieme ad altri forzanti radiativi di origine antropica sono la causa dominante del riscaldamento osservato dalla metà del XX secolo. Negli ultimi 12 mila anni la temperatura si è scostata dalla media di massimo 1 grado centigrado e mai finora la concentrazione di CO2 aveva aggiunto le 400 ppm. Ma cosa vuol dire? Ce lo spiega Gianmaria Sannino dell’ENEA (video).
L’attuale attività antropica determina il riscaldamento dell’atmosfera, degli oceani, la fusione dei ghiacciai, l’innalzamenti dei livelli del mare, la riduzione della copertura nevosa e dei ghiacciai, l’aumento della numerosità e della potenza dei fenomeni estremi, il degrado idrogeologico del territorio, e ha un impatto sul sistema produttivo, sull’agricoltura e sulla salute umana e genera altri effetti indiretti tra cui la diffusione di nuove guerre e l’esplosione del fenomeno della migrazione.
Il clima cambia, il tempo stringe. ENEA dimostra che le idee ci sono. Mettere un freno al cambiamento climatico si può ma bisogna volerlo.
Qui il link per l’intero report.
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