
Il Parlamento europeo ha approvato il provvedimento che fissa al 60% la riduzione di emissioni di gas a effetto serra entro il 2030.
Bene. Adesso però questo va tradotto in pratica dai singoli governi dei paesi europei. 10 anni per farcela. E siamo già molto in ritardo.
Domani, venerdi 9 ottobre, gli studenti scendono in piazza per il Friday For Future. Non so ancora se tutti hanno le idee chiare, mi auguro di si, mi auguro che non chiedano cose impossibili o fuori tema, che si concentrino sull’obiettivo. Questo venerdi, secondo me, dovrebbero (loro come tutti i cittadini) iniziare a pungolare il governo: la maggioranza che lo sostiene (M5S e PD) – ma anche Sandro Gozi di Italia Viva e Carlo Calenda di Azione – ha votato a favore del provvedimento europeo e bisogna che le intenzioni si traducano in fatti concreti al più presto, altrimenti sono solo parole al vento. Utile potrebbe essere anche far capire a Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, che hanno votato contro il provvedimento, che la loro scelta non è popolare, tra i giovani FFF quantomeno, ma ovviamente meglio tra tutti.
Il voto europeo la dice lunga sulle incertezze degli obiettivi: il provvedimento è passato con soli 352 voti a favore e 326 contro.
Secondo il coordinatore per il Clima del Ppe, l’obiettivo fissato dall’Europarlamento “mette in pericolo i posti di lavoro”. Secondo gli eurodeputati della Lega, “l’Ue sacrifica lo sviluppo, le imprese e il lavoro degli italiani sull’altare di progetti utopici e totalmente irrealizzabili”. I cinquestelle invece, avrebbero “preferito una riduzione ancora più consistente delle emissioni”, spiega Eleonora Evi: “Questo voto rappresenta una prima, fondamentale, risposta all’emergenza climatica che investe e mette a rischio il nostro Pianeta”.
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