Quanto il mondo sia in uno stato critico a causa del riscaldamento globale è evidente: le temperature elevate raggiunte in giugno e luglio di quest’anno li rendono i mesi più torridi mai registrati e il ridimensionamento dell’artico rimane costante. Questi sono solo due dei segnali di pericolo che evidenziano la gravità della situazione del pianeta terra, descritta in dettaglio anche nel recente documentario di Di Caprio (“Punto di non ritorno – Before the Flood”).
Altrettanto chiara la natura palliativa dell’accordo di COP21 a Parigi, entrato in vigore nei giorni scorsi, che nei suoi calcoli non tiene conto del gas serra emesso da aviazione e trasporti nautici, non mette in discussione il modello economico capitalista e il consumismo, restando molto lontano da ciò che ci vorrebbe veramente per risolvere il problema del riscaldamento globale soprattutto perché non è legalmente vincolante per i paesi che lo hanno sottoscritto.
Lo sconforto diventa ancora più profondo se si tiene conto di una ricerca di Oil Change International che conferma come ci siamo già incamminati sulla strada per varcare la soglia degli 2° gradi visto che le infrastrutture attualmente funzionanti per l’estrazione di combustibile fossile basteranno da sole a farci superare questa soglia grazie all’emissione nell’atmosfera di ben 942 Gt di CO2. Quindi – senza prendere in considerazione la possibile apertura di nuovi impianti di sfruttamento di carburanti inquinanti – la capacità produttiva delle infrastrutture attualmente operative per l’estrazione di carbone, gas e petrolio causerà una emissione di CO2 in grado di accelerare la trasformazione della terra in un luogo più simile a Venere che al pianeta blu in cui abbiamo vissuto fino ad ora.
All’interno di questo quadro molto preoccupante, secondo The Guardian, l’UE starebbe riscrivendo le direttive sulle energie verdi per il dopo 2020 con l’intenzione di eliminare la priorità del dispacciamento (priority dispatch) di cui godono le energie rinnovabili, eolica e solare: eliminare il loro diritto ad essere immesse per prime nella rete elettrica farà sì che la loro produzione non risulti più conveniente, vista l’impossibilità di competere con la costanza della fornitura del nucleare e del fossile. Di limitazioni dei finanziamenti EU alle industrie del fossile, invece, non sembra, per ora, esserci alcuna notizia.
Dato che tra le soluzioni proposte da Oil Change International per evitare il disastro che ci aspetta, vi sono oltre che il blocco della costruzione di nuovi impianti di estrazione e trasporto di energia fossile, una pianificazione seria per diversificazione economica e energetica a vantaggio di lavoratori e comunità, sembrerebbe proprio che l’EU stia andando in direzione completamente opposta a quanto sarebbe augurabile. Piuttosto allergica alla democrazia, come hanno dimostrato sia la Commissaria al Commercio Malstrom in occasione delle manifestazioni contro TTIP, che il Presidente dell’Alleanza dei Liberali e democratici per l’Europa Guy Verhofstadt, nel suo tweet celebrativo dell’approvazione del CETA nonostante il no dei valloni, l’Unione sembrerebbe confermarsi anche poco interessata al rispetto dell’ambiente.
La risposta del direttore Paola Bolaffio
Caro Eric, come sempre apprezziamo moltissimo i tuoi validi contributi, e condividiamo la preoccupazione per le attuali politiche dell’UE, e quelle italiane in particolare, che ci stanno trascinando in una fase di stallo, ma la posizione del nostro giornale riguardo all’Accordo di Parigi non è pessimista come la tua. L’Accordo di Parigi è una svolta storica, mette d’accordo tutti i paesi del mondo sulla necessità di restare sotto i +2°, possibilmente sotto +1,5° di temperatura media globale rispetto ai livelli preindustriali, imponendo agli stati che ratificano degli impegni in rialzo d’ambizione, e questo è vincolante. Quanto all’aviazione, un mese fa si è firmato un accordo sulle emissioni che si attendeva da anni, e così è stato anche per le navi (brutto accordo, è vero, dobbiamo spingere per un rialzo delle ambizioni, come dicevamo) e, sempre ad ottobre si è firmato l’Accordo di Kigali sui clorofluorocarburi, vincolante. Segnali. L’Accordo di Parigi ha aperto la strada. E’ a partire da COP22 che si deciderà un’agenda che in molti vogliono vincolante. L’economia dovrà rendersi conto – e già comincia a farlo – che la svolta non è solo necessaria ma conveniente. E l’Europa, che tu lapidariamente definisci allergica alla democrazia, se non vuole restare al chiodo, sarà costretta ad adeguarsi. Una speranza c’è, Eric. E tu che sei così giovane e così bravo a scovare notizie e analizzarle, fai bene a continuare nel tuo lavoro di approfondimento e di stimolo al pensiero critico, ma secondo me dovresti anche accendere più spesso i riflettori sui segnali positivi.
Facebook Comments