Che siano bottiglie, sacchetti abbandonati in discarica o microparticelle frammentate in mare, nel mondo si deve fare i conti con la plastica. Nonostante la differenziata cresca, crescono anche i rifiuti e resta il problema intorno a noi. Per questo la scoperta di un bruco della cera mangia-plastica risulta rivoluzionaria. Federica Bertocchini, 49 anni, è la biologa molecolare che lo ha individuato e che il 17 settembre a Montalcino riceverà l’ambizioso Premio Casato Prime Donne 2017, giunto alla sua diciannovesima edizione. Federica, nata a Piombino, ha alle spalle 20 anni di ricerche e pubblicazioni in riviste scientifiche internazionali. Ha studiato embrioni dei vertebrati e il suo curriculum si snoda tra i laboratori di Londra, New York e Santander in Spagna.
È un bruco molto affamato. Per fare un confronto, se i batteri divoratori di molecole di polietilene, scoperti al Kyoto Institute of Technology, distruggono 0,13 mg di Pet per centimetro quadro al giorno, questo bruco degrada una quantità quasi doppia in un’ora. Federica, però, è anche la parabola della ricerca scientifica dei nostri giorni: cervello in fuga, ha sventolato in alto il vessillo italiano, con una scoperta di utilità mondiale, ma si ritrova da qualche mese disoccupata. E c’è da dire che non ci si può fermare: adesso che si è scoperto il bruco, serve capire l’enzima o il batterio che riduce il polietilene in molecole più piccole e più degradabili.
Del bruco mangia plastica ne abbiamo tanto bisogno. Basti pensare che servono 450 anni per degradare una bottiglia e che negli oceani fluttuano oltre 150 milioni di tonnellate di plastica. Esiste un’isola galleggiante di rifiuti grande come il Texas. “Entro il 2050 i rifiuti di plastica in mare supereranno i pesci, come numero di peso” ha dichiarato preoccupato il segretario generale Onu Antonio Guterres.
Secondo un’indagine di Legambiente, più di cento spiagge monitorate nel 2017 in tutto il bacino del Mediterraneo (di cui 29 italiane) hanno portato alla luce quasi 60.000 rifiuti. Buste di plastica, mozziconi di sigaretta, tappi di bottiglia, stoviglie e cotton fioc quelli più diffusi. In Italia ogni 100 metri di spiaggia si trovano 15 buste di plastica. La protezione civile in collaborazione con la marina militare e l’Università di Firenze sta sperimentando sistemi di recupero della plastica e microplastica in mare come Sauro (Sea Antipollution Unit for Rapid Off-shore).
Il premio conferito alla Bertocchini è un premio tutto in rosa. Anche la giuria è composta da sole donne: la presidente e fondatrice del premio è Donatella Cinelli Colombini, presidente delle Donne del Vino, affiancata dai giurati Rosy Bindi, Anselma, Anna Pesenti, Stefania Rossini, Anna Scafuri e Daniela Viglione. Lo scopo del premio è puntare i riflettori sul genio femminile che esiste nella nostra società e che tante volte è nell’ombra.
Non a caso al Festival della Scienza 2016 era stato lanciato il sito “100 donne contro gli stereotipi”: un invito rivolto ai media perché siano facilitati nell’attingere a profili di scienziate o ingegneri donna, per invertire la tendenza televisiva e dei quotidiani che mostra prevalentemente profili di uomini esperti e donne come vox populi. Il premio Casato Prime Donne è nato perché, come imprenditrice, la stessa Cinelli Colombini ha vissuto sulla sua pelle alcune difficoltà di genere quando nel 1988 lascia l’azienda di famiglia – fra quelle storiche e importanti del Brunello – per crearne una tutta sua.

Discriminazioni che supera egregiamente e oggi ha una cantina con un organico interamente femminile, una rete commerciale con 35 Paesi, e un Brunello selezionato da un panel di assaggiatrici donne (la Master of Wine Rosemary George, l’esperta di vino tedesca Astrid Schwarz, una delle migliori sommelier italiane Daniela Scrobogna e la Pr italo-americana Marina Thompson).
In passato il premio ha affrontato temi come: il terrorismo religioso, i profughi, i cervelli in fuga, la violenza sulle donne. Ma quest’anno tocca all’ambiente e alla ricerca scientifica e da Montalcino si lancia un appello in favore della ricercatrice toscana e “di tutta quella ricerca orfana che non produce redditi immediati ma forse, proprio per questo, non può essere lasciata senza finanziamenti”. Il Premio ha anche una sezione giornalistica che onora quanti scrivono, fotografano e divulgano, il territorio e i vini di Montalcino. L’edizione 2017 incorona i giornalisti Pietro di Lazzaro, Stefano Pancera e Vannina Patanè.
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