schermata-2016-11-12-alle-16-05-37Marrakech, 12 novembre 2016 –  Alla COP22 di Marrakech, anche investitori, banche, mondo del business si incontrano per discutere di cambiamenti climatici. La terza rivoluzione industriale investe in pieno anche loro, ma con un segno positivo. Il rischio di restare indietro e non cogliere il cambiamento, il rischio di investire in azioni destinate a fallire per ragioni legate alla trasformazione dell’economia e della geografia, della politica e dei costumi, evidentemente non piace a chi fa soldi. Si preferisce intercettare in tempo i segnali che indicano dove va il mondo. Forse Donald Trump non se n’è accorto ancora, o forse ha solo fatto finta di non vedere, ma sta di fatto che anche investitori e banche stanno dirottando il flusso verso investimenti compatibili con il clima, se non addirittura per il clima.

Ieri, al Global Finance Action Summit all’interno di COP22, sembravano, almeno formalmente, tutti d’accordo. La EIB, Banca europea per gli investimenti, la più grande banca internazionale del mondo, si è proclamata il più grande finanziatore globale di investimento relativo al clima. “Le azioni per il clima – ha detto Jonathan Taylor, vice presidente responsabile per gli investimenti “climatici”, in un incontro con la stampa accreditata – sono una priorità fondamentale per la EIB che prevede di fornire un totale di 100 miliardi di dollari per il clima in ​​tutto il mondo nel corso dei prossimi cinque anni”.

In occasione del vertice di Global Finance Action, insieme a Salaheddine Mezouar, presidente di COP22 e ministro marocchino degli Esteri, e Naoko Ishii, CEO di Global Environment Facility, Taylor ha chiesto “un rinnovato impegno da parte delle istituzioni finanziarie di tutto il mondo per rendere l’accordo di Parigi una realtà”.

“Se si vogliono spostare migliaia di miliardi di dollari in investimenti verdi, è fondamentale che gli investitori possano mettere i loro soldi direttamente in progetti di clima-smart verdi. Le banche pubbliche come la EIB – la Banca della UE – hanno un ruolo fondamentale da svolgere, nello sviluppo di prodotti e strumenti che promuovere e mantenere flussi di capitali privati ​​a progetti ecocompatibili. E questo è quello che facciamo: la EIB sta esaminando e eliminando i rischi che frenano gli investitori privati ​​nel mettere i loro soldi in azioni per il clima”. 

Taylor dice che l’anno scorso i finanziamenti EIB  hanno raggiunto i 20,7 miliardi di euro, mentre in azioni nei paesi in sviluppo sono andati 2,2 miliardi di euro”. A partire da COP21 e dall’Accordo di Parigi, e a maggior ragione dopo la rapida entrata in vigore grazie alla ratifica di 100 paesi, la EIB ha rinforzato il pacchetto, che oggi arriva al 25% dei finanziamenti, mentre il restante 75%, assicurano, è comunque coerente con l’azione per il clima e tiene conto anche di un “prezzo ombra del carbonio”ì (oggi 33€, contro i 7€ normalmente calcolati)”.

La EIB riconosce l’importanza di finanziamenti a lungo termine per affrontare cambiamenti climatici e il ruolo crescente dei finanziamenti per il clima a guidare la crescita economica. L’accordo di Parigi ha rafforzato gli sforzi per sbloccare la finanza più sostenibile e catalizzare maggiori investimenti in cui l’innovazione di mercato, la leadership nazionale e la finanza internazionale giocano un ruolo cruciale“. 

Negli ultimi cinque anni, dice ancora Taylor, “abbiamo fornito più di 90 miliardi di euro per il clima in ​​tutto il mondo. Nel 2015, con i 20,7 miliardi di euro destinati al climate change, la EIB ha rappresentato il 27% del finanziamento complessivo“.

Durante un altro meeting, il CEO del forum degli investitori IIGCC Stephanie Pfeifer,  Pete Grannis, dell’Ufficio Comptroller dello Stato di New York,  Gerald Cartigny, Chief Investment Officer di MN (MN è il terzo più grande gestore di asset pensionistici nei Paesi Bassi, con 100 miliardi di euro in gestione e di 2 milioni di beneficiari) e Anthony Hobley, amministratore delegato di Carbon Tracker Initiative hanno commentato lo scenario che si è aperto con l’elezione di Donald Trump.

Gli investitori – dicono – sono preoccupati per l’incertezza sull’agenda di politica climatica del neo presidente. Ma ribadiscono che “l’urgenza implicita nei dati scientifici e gli imperativi economici per l’azione verosimilmente continueranno ad indicare la via verso sforzi crescenti da parte degli investitori per gestire il rischio climatico e cogliere le opportunità offerte dalla necessità di garantire una transizione rapida e agevole a un economia a basso tenore di carbonio“.  Il ritmo e la portata del cambiamento già in atto nell’economia globale è notevole e irreversibile: ad esempio “le energie rinnovabili sono già troppo avanti come fonte di energia globale rispetto al carbone,  i veicoli elettrici sono il segmento di crescita del settore auto e posti di lavoro vengono creati in settori di energia pulita più velocemente rispetto a qualsiasi altro. Inoltre, questo cambiamento è già ben visibile nell’economia degli Stati Uniti, dove importanti nuovi investimenti nelle fonti rinnovabili portano ad una significativa creazione di posti di lavoro persino in luoghi come il Texas, cuore del petrolio e del gas“.

Gli investitori globali hanno lavorato duramente per aiutare a costruire il notevole impulso politico che ha portato all’Accordo di Parigi, alla sua entrata in vigore e anche al patto di Kigali sugli idrofluorocarburi (HFC). Grandi investitori provenienti da Europa, Stati Uniti, Australia e Asia saranno a Marrakesh nei prossimi giorni per rafforzare un messaggio chiave: come i paesi, le imprese e le città in tutto il mondo, un numero crescente di investitori stanno rapidamente agendo per affrontare la crisi climatica e guidare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio“.

Prossimi passi: In una fase politica più ampia continueremo a premere le nazioni del G20 affinché raddoppino gli investimenti globali in energia pulita, stringano mandati di divulgazione sul clima, sviluppino prezzi del carbonio ed eliminino gradualmente i sussidi ai combustibili fossili“.

 

 

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giornalista professionista, è direttore responsabile di Giornalisti nell'Erba, componente dell'ufficio di presidenza FIMA (Federazione Italiana Media Ambientali) e membro Comitato Scientifico per CNES UNESCO Agenda 2030. Presidente de Il Refuso a.p.s.. In precedenza ha lavorato come giudiziarista per Paese Sera, La Gazzetta e L'Indipendente. Insieme a Gaetano Savatteri ha scritto Premiata ditta servizi segreti (Arbor, 1994). Collabora con La Stampa.

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