Le “PRIME” di scienza in un libro

“Prime, 10 scienziate per l’ambiente” è un libro da non perdere. Uscito a settembre con Codice Edizioni, è la raccolta di 10 storie poco conosciute ma che hanno cambiato la Storia, quelle di dieci donne scienziate che hanno segnato un punto di svolta nella tutela del nostro pianeta e dell’umanità che lo abita. 

Mirella Orsi e Sergio Ferraris, i curatori, hanno messo in piedi un team di giornalisti e ricercatori, in parità di genere, per riunione storie di vita e di scienza in una pubblicazione che rende un po’ di giustizia al contributo fondamentale che le donne, pur con tutte le difficoltà di cui anche nel libro leggerete, hanno dato alla “comprensione e alla difesa del mondo naturale, per qualità, prima ancora che per numeri” (a dirla insieme a Maurizio Melis che ha curato la prefazione).

Si parla delle origini dell’ecologia, nel bel capitolo dedicato a Maria Sibylla Merian scritto da Giorgia Marino. Si inizia dal 1660, quando la tredicenne Merian, è alla finestra a godersi la scena del bozzolo che freme nella scatola di legno. Da quel momento dedicherà la sua vita agli insetti, studiandone ogni aspetto, disegnandoli, collezionandoli, viaggiando per il mondo per andarli a scoprire. Diventa famosa, nel suo secolo, viene pure citata da Darwin, ma nell’Ottocento, pur avendo gettato le basi dell’ecologia, “era già finita nel dimenticatoio”.

Con la penna di Giorgia Burzachechi, vicedirettora della nostra testata, si scoprono le avventure di Jeanne Baret, che si traveste da uomo pur di circumnavigare il mondo per amore della botanica. Una storia appassionante, quella della giovane autodidatta che ha scoperto, a nome di altri, tante piante sconosciute. Nata nel 1740 da una famiglia di braccianti, vestita da assistente (maschio) del naturalista Commerson, col nome di Jean si è imbarcata sull’Etoile e, tra superstizioni maligne, giri di chiglia e pirati assassini, tra battesimi all’equatore, Caraibi, Brasile, Tahiti, ha catalogato, tra le altre cose, la Bougainville, che deve il suo nome al comandante della spedizione. Finchè non è stata smascherata…

Mirella Orsi prosegue il racconto con la storia di Eunice Newton Foote, lontana parente del ben noto Isaac. Grande sostenitrice dell’abolizione della schiavitù, Newton Foote è tra le organizzatrici della Convenzione di Seneca Falls (1848), “il primo incontro pubblico nella storia degli USA esclusivamente incentrato sui diritti delle donne”. Scienziata dedicata allo studio dei raggi solari, è lei la prima ad aver visto il nesso tra gas serra e aumento della temperatura globale, dando il via (primato a lei non riconosciuto fino a pochi anni fa) alla scienza dei cambiamenti climatici.

Con Rachel Carson, pioniera del movimento ambientalista – capitolo scritto da Davide Mazzocco – si arriva al 1962, anno della pubblicazione della sua “Primavera silenziosa”, pietra miliare delle lotte ambientaliste e caposaldo per la guerra all’inquinamento. Carson, zoologa, biologa marina, ha fatto un mastodontico lavoro di ricerca sui casi di contaminazione da pasticidi e diserbanti, il rigore scientifico e l’incredibile mole di dati raccolti, le porteranno il successo del libro, best seller in pochi mesi, ma – come sappiamo bene che accade ogni volta – anche parecchio fango scatenato da coloro a cui ha pestato i piedi. E’ lei la “prima” ad aver sganciato la bomba, “la Pearl Harbour dell’industria chimica”. 

La storia della Regina del Sole la racconta Paola Bolaffio, nostra direttora. La chimica, biofisica, ingegnera meccanica che nel 1948 ha fatto la prima casa al mondo a riscaldamento solare, Maria Telkes, è nata nel 1900 e già da bambina faceva esperimenti in casa provocando anche qualche esplosione. Sbarcata negli USA, ha inventato un apparecchio per registrare le onde cerebrali, poi, rarissima donna al prestigioso MIT, ha lavorato sull’energia solare, prevedendo, in pieno boom del petrolio, che sarebbe stata l’energia sostenibile e a disposizione di tutti. Ha progettato il primo dissalatore solare portatile, che ha salvato parecchie vite di naufraghi, il primo frigo termoelettrico, il forno solare… Le sue ricerche sono ancora oggi alla base di molte tecnologie.

Ivan Manzo, altra bella penna che collabora con il nostro giornale, il compito di raccontare le “cronache marine” di Sylvia Earle. L’esploratrice degli oceani, nata nel 1935 nel New Jersey in una fattoria dove mancava l’acqua, s’innamora innanzitutto della vita dentro uno stagno. Poi, al mare in vacanza, e sul fiume vicino alla casa dove si trasferisce la famiglia in Florida… fino agli abissi più sconosciuti. L’oceanografa Earle è prima donna a capo della National Oceanic and Atmospheric Administration degli Stati Uniti.

Dian Fossey, classe 1932, cresciuta più o meno da sola e poi vissuta a lungo in una capanna nella foresta del Ruanda, è nel capitolo scritto da Sergio Ferraris. Il suo amore sconfinato per i gorilla di montagna e il suo “caratteraccio” tracciano tutta la sua vita, una vita allo sbaraglio, difficile, fatta di fughe, di urgenze, di minacce, di pericoli costanti, di relazioni speciali, senza basi accademiche ma con fin troppa caparbietà, fino all’assassinio. 

La nascita dell’ecologismo italiano si deve a Laura Conti, la cui storia è ben raccontata da Simona Falasca. Partigiana, medica, ambientalista,, politica e scrittrice italiana, fondatrice di Lega per l’Ambiente, Conti è attenta all’uomo e alla natura. “C’è un evento nel nostro Paese – scrive Falasca – una catastrofe esemplare che ha segnato, letteralmente, un prima e un dopo nella storia dell’ambientalismo italiano. E c’è una donna, una scienziata poliedrica, che, grazie alla sua competenza, la sua perseveranza e sensibilità, è riuscita non solo a raccontarlo, ma anche a trasformarlo in un simbolo mondiale della lotta per la tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini”. Quell’evento è Seveso, il disastro dell’Icmesa, la fabbrica a nord di Milano da cui nel 1976 esce una nube tossica contenente molti chili di diossina… 

In “Prime” trova posto anche un’altra primatologa, Jane Goodall, la cui storia esce dalla penna di Gabriele Vallarino (anche di lui, il nostro giornale vanta la collaborazione). Goodall si augurava da piccola di “essere un maschio, così da avere una vita piena di avventure insieme agli animali selvaggi”. Lo ha fatto: ha “scalfito pregiudizi e stereotipi”, e dalla plumbea Inghilterra è andata in Tanzania, nel 1960, dove, prima a bordo di una canoa sul lago Tanganica e poi nella foresta con la madre e un cuoco, ha iniziato le sue avventure, studiando gli scimpanzé e dando il via ad una raccolta preziosa di studi. Il suo accampamento, oggi Gombe Stream Research Centre, continua ad accogliere ricercatori da tutto il mondo.

Il fisico Matteo Martini conclude le storie con quella di Dana Meadows, la prima ad aver messo nero su bianco, calcoli alla mano, i “limiti dello sviluppo”. Fino a quando Meadows, dottore di ricerca di biofisica ad Harvard e esperta di dinamica di sistemi, non porta a conclusione i suoi studi al MIT – commissionati dal neonato Club di Roma – e sviluppa una simulazione per prevedere l’evoluzione nel tempo dell’ecosistema Terra, il mondo percepiva lo sviluppo come eterno e illimitato (e ancora oggi tende a farlo). Il nostro però è un sistema finito, come lo è lo stesso pianeta. “I limiti dello sviluppo” è del 1972 e Dana Meadows è il primo autore.