L’Italia vuole tornare al nucleare con i piccoli reattori SMR, che non esistono nei fatti e sono in via di fallimento
di Sergio Ferraris
La tentazione è grande. Diciamo enorme. Trovare soluzioni semplici a problemi complessi, il tutto con l’aggiunta del mito di Prometeo. Parliamo del riaffacciarsi del nucleare in Italia. L’avvio al “nuovo” nucleare l’ha dato il governo con la revisione del PNIEC che prevede in maniera generica il riscorso all’atomo con una capacità di 0,4 GWe al 2030 che salirà a 7,6 GWe nel 2050, con 0,4 GWe riservata alla fusione. Il tutto, con l’istituzione della “Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile” (PNNS) che si è occupata di verificare la disponibilità della tecnologia, il potenziale di sviluppo, i costi e le prestazioni dei nuovi piccoli reattori modulari (SMR) scelti dell’esecutivo, sembra più per fini mediatici che tecnologici, specialmente per l’Italia che ha abbandonato da tempo il nucleare ed è l’unico tra i paesi della UE che vuole rientrarci. La scelta di tecnologie mature ed esistenti, l’EPR francese o l’AP-1000 statunitense avrebbe immediatamente fatto scattare nell’opinione pubblica la “sensazione” di vecchio e poco innovativo. Il rettore statunitense, infatti, nasce nel 2005, ma affonda le proprie radici negli anni Novanta del secolo scorso, l’EPR francese è nato a Olkiluoto nel 2002 e ha prodotto il primo MWh nel 2023. Troppo vecchi e lenti nella costruzione per un Governo che punta alla modernità e all’innovazione. Di facciata. Ed ecco che allora si è colta l’occasione, tutta italiana, di declinare il “piccolo è bello” in salsa atomica, scegliendo gli SMR che nelle intenzioni di chi li propone dovrebbero essere prodotti in serie grazie alla modularità, per avere maggiore flessibilità, certezze di budget e puntualità di realizzazione. La ricetta per fare ciò, però, sarebbe lo sviluppo di una serie di sistemi concepiti a cavallo del millennio, come IRIS, lanciato da Westinghouse nel 2000, oppure ISIS, un reattore a immersione la cui origine è del 1987, come dimostra un documento di Ansaldo Nucleare per la conferenza internazionale “Nuclear Option in Countries with Small and Medium” che si è svolta a Opatija, in Croazia, dal 7 al 9 ottobre del 1996. «Gli SMR non sono una nuova tecnologia, sono
semplicemente il nucleare tradizionale di dimensioni ridotte a 300 MWe, che
poi non sono pochi. – afferma Attilio Piattelli, presidente del Coordinamento
FREE, che è un ingegnere nucleare oggi attivo nel fotovoltaico – Quindi se parliamo di SMR piccoli ne avremmo bisogno tanti in Italia per poter arrivare ai numeri che ci sono stati presentati». E i
problemi non solo legati alle dimensioni e alle quantità.

Primo fallimento
La proposta concreta della statunitense NuScale Power pare avere avuto fortuna. L’azienda statunitense avrebbe dovuto costruire una centrale con sei SMR da 77 MWe ognuno, per un totale di 720 MWe, entro il 2029 presso l’Idaho National Laboratory del Department of Energy (DOE). Progetto che è stato annullato per l’impennata dei costi che sono passati da 3,6 miliardi di dollari
per 720 MWe a 9,3 miliardi per soli 426 MWe residui, con 4,2 mld$ che sarebbero stati coperti dal DOE e dall’Inflation Reduction Act (IRA), lasciando 5,1 mld$ ai privati. Il tutto con un prezzo dell’energia di 89 $/MWh, cifra già ridotta dall’IRA, senza il quale il costo sarebbe stato di 119 $/MWh. La cancellazione del progetto è costata, inoltre, il posto di lavoro a 154 persone. Il 28% dei dipendenti
di NuScale Power e il titolo dell’azienda è crollato del 30%. Un duro colpo per l’unica azienda che ha ottenuto, a oggi, l’approvazione negli Stati Uniti per un SMR. E i costi con ogni probabilità sono dietro al disinteresse verso gli SMR da parte della nazione più “atomica” di tut-
to il Pianeta: la Francia. «Ciò dimostra che l’azzardo non è tecnologico ma economico. – ci dice un ex ingegnere nucleare passato alle rinnovabili che vuole mantenere l’anonimato – Spendendo tanti soldi si riesce, alla fine, a entrare in questa tecnologia, ma molti sono soldi pubblici. Gli investitori privati vogliono che ci siano garanzie che con il nucleare possono arrivare solo dai fondi pubblici».
Secondo Fallimento
Il 29 ottobre 2024 segna un altro passo indietro per il “nuovo nucleare”: Ultra Safe Nuclear Corporation, azienda leader nello sviluppo dei Micro Modular Reactor (MMR) reattori di piccole dimensioni, da 1,5 a 15 MWe, ha depositato istanza di fallimento. Si tratta di unità ancor più ridotte rispetto ai più noti Small Modular Reactor (SMR), che hanno potenze previste tra i 50 e i 300 MWe. Ultra Safe Nuclear Corporation è ora soggetta alla supervisione fallimentare del tribunale del Delaware, inconformità con il Chapter 11 del codice fallimentare statunitense, che tutela i creditori durante le ristrutturazioni finanziarie. L’azienda ha infatti avviato un processo di vendita controllato, raggiungendo un accordo preliminare con Standard Nuclear per una cessione da 28 milioni di dollari. Poiché i suoi reattori MMR sono ancora in fase sperimentale, Ultra Safe Nuclear Corporation ha registrato ricavi molto limitati rispetto alle perdite operative, compensando il deficit con finanziamenti azionari. Secondo la United States Bankruptcy Court, un round di raccolta fondi iniziato nel 2022 aveva suscitato l’interesse di diversi finanziatori, a condizione che l’azienda trovasse un investitore di riferimento. L’investitore era stato individuato, ma i fondi necessari per completare l’operazione, non sono mai arrivati. «Ultra Safe Nuclear Corporation rimane ferma nel suo impegno a portare energia nucleare sicura, commercialmente competitiva, pulita e affidabile. – ha detto Kirk Edwards, presidente dell’azienda – Dopo aver attentamente esplorato tutte le opzioni disponibili, abbiamo deciso che questo processo di vendita supervisionato dal tribunale offre il percorso migliore da seguire, garantendo al contempo la continuità tra le nostre principali iniziative tecnologiche. Ossia l’immissione sul mercato dei nostri combustibili basati su TRISO, l’implementazione dei reattori MM e l’avanzamento di tecnologie essenziali per il Dipartimento della Difesa Usa, la NASA e il Dipartimento per la Sicurezza Energetica del Regno Unito». In pratica, per continuare l’attività l’azienda mette in stand by gli MMR e fa affidamento alle commesse pubbliche, attraverso fondi della difesa e dell’aerospazio. Con buona pace di chi sostiene che il nuovo nucleare può reggere da solo sui mercati.
Fonte: PNIEC 2024
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